Pubblicato il 01/02/2022
Ci sono appuntamenti che scandiscono il tempo più di altri e che sono in grado di cogliere, allo stesso tempo, il valore di un percorso realizzato e le tracce del viaggio che sarà. E’ il caso di Top Jazz, il referendum della critica indetto dalla rivista Musica Jazz, dal 1945 guida imprescindibile per gli appassionati di jazz in Italia, che anche quest’anno ha accesso i riflettori su un mondo che, a dispetto di pandemie internazionali e crisi di ogni genere, continua a raccontare e raccontarsi con passione ed energia.
A pochi giorni dalla pubblicazione dei vincitori Top Jazz 2021, abbiamo chiesto a Luca Conti, direttore di Musica Jazz, una sua personale riflessione sugli ultimi dodici mesi del jazz italiano (e non solo), strappandogli qualche anteprima sull’edizione che verrà.
Prima domanda d’obbligo: quale è lo stato di salute del jazz italiano fotografato dal Top Jazz 2021 e visto dalla tua posizione privilegiata di Direttore di Musica Jazz?
Mi sembra la fotografia di una scena molto attiva, una vivace miscela tra grandi veterani che non dormono certo sugli allori, un paio di generazioni intermedie che continuano a lasciare il segno e una grande quantità di giovani talenti che hanno tutte le potenzialità per dire parole nuove (anzi, direi proprio che alcuni lo stanno già facendo).
I Top Jazz italiani degli ultimi anni che cosa raccontano? In altre parole, c’è stata un’evoluzione artistica significativa?
Non userei il termine «evoluzione», che per me poco si adatta alle espressioni artistiche. Com’è logico, ci sono stati anni più felici e altri un po’ meno, ma credo che negli ultimi tempi il jazz italiano abbia capito che non bisogna mai tirarsi indietro davanti alla contemporaneità. Parlo ovviamente in senso generale, perché c’è sempre stato chi si è messo in gioco senza paura di rischiare, ma ritengo che la scena italiana possa dirsi ormai inserita in una visione decisamente più internazionale della musica
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Un podio decisamente al femminile per il miglior Nuovo Talento del 2021: un segnale di rinnovamento del mondo del jazz anche in Italia?
Certo che sì, e come Musica Jazz ne siamo molto contenti, vista l’attenzione con cui negli anni abbiamo seguito l’emergere di una vitalissima creatività femminile. Non avevamo il minimo dubbio che sarebbe accaduto in tempi rapidi, e credo che la scena nazionale non possa che trarre un enorme beneficio da questa presa di coscienza.
C’è in generale qualcosa nei Top Jazz 2021 che ti ha sorpreso? Qualcosa di inaspettato? Conferme importanti?
Che Claudio Fasoli abbia finalmente vinto il premio per il disco italiano dell’anno è un risultato che ci riempie di soddisfazione, stante il periodo di grande creatività di uno dei maestri del nostro jazz. Che su dieci nuovi talenti internazionali ben sette siano donne ben si collega, a parer mio, a quanto dicevo prima riguardo all’importante presenza femminile anche nel jazz italiano. Che James Brandon Lewis, musicista sul quale Musica Jazz ha avuto l’intuizione di puntare già otto anni fa, quando praticamente non lo conosceva ancora nessuno, è una piccola soddisfazione personale perché, certo, già allora il suo talento si poteva intuire, ma non era così ovvio che in seguito sarebbe stato così apprezzato a livello mondiale.
Le due parole chiave di Luca Conti in previsione del Top Jazz 2022?
«Cambiare formula». Ed è ciò che faremo dalla prossima edizione. Ormai sono passati quarant’anni dall’inizio del Top Jazz, e credo sia arrivato il momento di rivedere il meccanismo del nostro sondaggio per adeguarlo alle enormi trasformazioni che in questi quarant’anni hanno rinnovato da capo a fondo la scena del jazz. L’obiettivo resterà il medesimo, ma cambierà il modo di raggiungerlo.