Pubblicato il 01/03/2016
“Sassofoni e pistole. Storia delle relazioni pericolose tra jazz e romanzo poliziesco” è un libro di Franco Bergoglio pubblicato da Arcana nella collana Arcana Jazz. Il libro è una “folle” raccolta di oltre trecento autori di romanzi noir in cui la musica jazz è una costante narrativa, sotto vari punti di vista. Per saperne di più abbiamo incontrato lo scrittore torinese, attualmente impegnato nel tour di presentazione del suo libro.
IJ Sassofoni e Pistole indaga il legame tra il jazz e i romanzi noir, da dove è nata l’idea di esplorare questo mondo?
FB Amo entrambi. Mi è sempre piaciuto accostare il jazz ad altro. Con il libro “Jazz! Appunti e note del secolo breve” avevo seguito la vocazione all’analisi storico-sociale, qui mi sono spostato verso la letteratura.
IJ In sassofoni e pistole raccogli oltre trecento scrittori, americani, inglesi, francesi, italiani… Tra questi vuoi parlarci di qualcuno che ti ha colpito in particolare?
FB Assemblare tanto materiale è stato faticoso, ma ho ricevuto un risarcimento morale: ho potuto riscoprire autori oggi dimenticati con i quali, ne sono sicuro, il tempo sarà gentiluomo. “Aria Chiusa” di Evan Hunter o “Il grande caldo” di William Mc Givern. Dentro questi romanzi ci sono pagine di grande letteratura! Come ci sono dei contemporanei poco noti come Hughues Pagan, un autore francese, una specie di Céline del noir. Poi offro un altro punto di vista su nomi già nell’olimpo letterario: il Boris Vian di “Sputerò sulle vostre tombe”, il Bret Easton Ellis di “American Psycho”, quasi tutta la produzione di quel fantastico cantore della corruzione americana che è James Ellroy.
IJ Tra gli scrittori italiani qual è stato il contributo di Umberto Eco che hai raccolto?
FB Il libro “Sassofoni e pistole” non esisterebbe senza Umberto Eco. Una disamina del giallo letterario come prodotto della cultura di massa sarebbe stato impensabile senza i suoi lavori: “Apocalittici e integrati”, “Sei passeggiate nei boschi narrativi”, “Il superuomo di massa” e -perché no – le magnifiche “Postille al nome della rosa”, che sono forse più belle del romanzo. Le intuizioni di Eco mi hanno portato all’analisi dei cliché: il più noto dei quali è il detective alcolizzato con l’impermeabile e la fiaschetta di whisky che ascolta jazz. Eco mi ha aiutato a capire che dovevo cercare tutti i luoghi comuni, analizzare la bulimia da cliché.
Eco amava anche il fumetto e non disdegnava il jazz. Personalmente mi ha insegnato a stringere tutto insieme per creare una rete intellettuale intorno ai propri oggetti di ricerca e di amore. Ho utilizzato queste chiavi per rileggere molti autori, ad esempio indago l’utilizzo del jazz nel “Giorno della Civetta” di Leonardo Sciascia. Tutti ricordiamo il romanzo, nessuno invece rammenta che nel finale fa capolino la musica. Perché Sciascia ce l’ha messa? Serve nell’economia della trama, quel breve cenno? Nel libro tento di rispondere anche a domande come questa.
IJ Quanto tempo hai dedicato a “Sassofoni e pistole”? E i libri li hai letti tutti?
FB Circa otto anni di lavoro, quasi tutti spesi nelle letture…Ma è un lavoro che ho fatto, come un vero detective, di notte. Se li ho letti tutti? E’ una domanda che ritorna spesso durante le presentazioni. Me la cavo così: ne ho letti tantissimi, forse non tutti dalla A alla Z; ma quelli solo “annusati” sono controbilanciati da centinaia di volumi che poi non ho potuto usare nel libro perché il jazz non ci azzeccava.
IJ Che cosa ti ha guidato in questa indagine appassionata?
FB Una forte propensione sabauda al terminare il proprio lavoro a ogni costo (dote peraltro di molti detective americani) e una altrettanto fortissima propensione alla follia. Solo un folle conclamato poteva passare così otto anni. Me lo dico da solo.
IJ Quali sono i personaggi caratteristici, i luoghi che più ritornano nei libri noir che citi nella bibliografia?
FB Nel libro affronto il rapporto jazz e noir da tutte le angolazioni possibili. Per intanto le città del noir sono anche quelle del jazz: New Orleans, New York, Chicago…E poi la bionda che flirta con il detective di mestiere fa la cantante oppure la spogliarellista, e spesso quando ricopre quest’ultimo ruolo la musica sullo sfondo è un languido blues. Ci sono poi i detective appassionati di jazz e quelli che lo suonano. I musicisti assassini e quelli vittime. Ci sono i dischi che contengono un indizio per scoprire il delitto e investigatori della polizia che conoscono tutta la discografia di Coltrane o leggono le riviste specializzate. Ci sono i ruggenti anni Venti, i gangster, il contrabbando e il jazz nei locali della mala. Si può andare avanti per ore.
IJ In un possibile romanzo noir di Franco Bergoglio, a quali brani jazz rimanderebbe? Hai mai pensato di scriverne uno?
FB “Sassofoni e pistole” termina con il racconto “Assassinio al jazz club”. Mi è stato proposto di farne una pièce teatrale e ci sto lavorando con attori e musicisti bravissimi. Ovviamente ci sarà tanta musica sul palco e si sentirà qualcosa alla Lester Young (che possiede un’estetica perfetta per il noir), ci sarà il blues, Charlie Parker e Dance Of The Infidels di Bud Powell, un brano in sintonia con il racconto.
A questo punto non resta che prendere nota delle prossime presentazioni di “Sassofoni e pistole” per non perdere un appuntamento importante: il 18 marzo a Ivrea, presso la Santa Santa Margherita, per l’Open Jazz Festival, a cura di Music Studio – Ivrea Jazz Club; il 1° aprile a Firenze, presso la Caffetteria delle Oblate, per un evento organizzato da Music Pool.