Pubblicato il 25/01/2022
Da pochi giorni Rosario Moreno è il nuovo presidente dell’associazione Italia Jazz Club, un passaggio di consegne impegnativo, visto il momento storico che sta vivendo il mondo della musica dal vivo. Abbiamo raggiunto Rosario per gli auguri di rito, ma soprattutto per saperne di più su un futuro all’insegna della “condivisione”.
Quali sono i primi impegni in programma per il nuovo presidente dell‘associazione Italia Jazz Club?
Dallo scorso 10 gennaio ho l’onore di presiedere Italia Jazz Club, l’associazione dei jazz club Italiani che raggruppa, ad oggi, 28 jazz club che coprono gran parte della nostra penisola. Gli obiettivi che ci siamo fissati sono molti, alcuni anche ambiziosi ma non voglio anticiparli, nell’immediato invece c’è la definizione di alcuni progetti con i quali partecipiamo a dei bandi ministeriali in scadenza proprio in questi giorni, inoltre c’è la co-organizzazione degli Stati Generali del Jazz Italiano in programma a Bologna il prossimo mese di maggio. Un impegno costante sarà sicuramente quello di farci conoscere sempre di più e cercare di catalizzare il mondo dei jazz club in un unico soggetto capace, o quanto meno provarci, di risolvere i problemi che affliggono il mondo della musica live nei jazz club.

Musicista, manager, produttore, alla guida del Jazz Club di Chiavari: ci regali un ricordo che tiene unite tutte queste tue anime?
Più che un ricordo direi un sentimento, l’amore incondizionato per la musica che lega indissolubilmente i vari aspetti della mia attività professionale, l’aver scientemente rinunciato ad altre attività professionali per seguire un amore nato in adolescenza. Ovviamente ognuno di questi aspetti racchiude in sé momenti degni di essere ricordati, che a dire il vero, per fortuna, sono molti. Sinteticamente e inevitabilmente si tratta quasi esclusivamente di “prime volte”: da musicista ricordo come fosse ieri, anche se sono trascorsi più di 30 anni, la prima volta che con chitarra al seguito sono sbarcato negli Emirati Arabi per un periodo di lavoro che mi ha aperto a nuove visioni professionali; da manager, quando ormai avevo risposto i miei strumenti nelle loro custodie, ed ho iniziato a realizzare “tour”, uno fra tutti la prima volta nell’ex Unione Sovietica per una serie di concerti in teatri indimenticabili ma anche la prima volta che mi sono relazionato con gli Istituti Italiani di Cultura dove percepivo chiaramente, da parte di tutti, pubblico e addetti, l’amore per ogni cosa che riguardasse la nostra nazione e la nostra cultura; da produttore ho avuto la fortuna di incontrare e lavorare con alcuni esponenti del cosiddetto neapolitan power, e io essendo napoletano (ma ormai ligure di adozione), non ho potuto fare altro che assaporare il più possibile l’arte di questi grandi artisti.
Se dovessi descrivere a qualcuno che non la conosce (Ahinoi!) la magia di un jazz club quali parole sceglieresti?
Cito una frase di Wynton Marsalis: “Non è solo musica il Jazz. E’ anche un modo di stare nel mondo, e un modo di stare con gli altri”. Questa frase credo che racchiuda in sé l’essenza dei nostri posti del cuore. L’atmosfera, le emozioni, le relazioni umane che si riescono a creare, la musica di qualità che si ascolta. I Jazz Club sono luoghi vivi, ricchi di vitalità, luoghi di confronto e cultura, ma con la leggerezza che ci dona la musica, dove il vero e profondo amore per il jazz lo si riesce a percepire distintamente, luoghi di inclusione e d’integrazione dove si è pronti e preparati all’ascolto reciproco, proprio come succede ai musicisti che sono sul palco. Tenendo conto del periodo problematico che stiamo vivendo, i Jazz Club sono un’isola felice … dimmi se questa non è magia.

Con la nascita della Federazione del jazz italiano, di cui IJC è membro fondatore, il jazz italiano ha rimarcato ancora di più l’importanza del lavoro di rete: come pensi di sviluppare questa dimensione in IJC?
Fare rete è la capacità di tutti noi di unire risorse, persone e conoscenze per raggiungere degli obiettivi comuni a vantaggio della nostra comunità, che ovviamente si traduce, nel caso dei Jazz Club, in un approvvigionamento di bellezza, cultura e socialità. Per arrivare a questo occorre il contributo di tutti i componenti della nostra associazione, nessuno escluso, siamo una comunità, e come tale, individuati i punti più urgenti da sviluppare, si lavora per questi. Condivideremo le nostre specifiche conoscenze, competenze e obiettivi, concertando azioni da intraprendere per la realizzazione dei vari progetti che si andranno a individuare, condividendone i vantaggi, possano questi essere i tour di artisti, la partecipazione a bandi, la concertazione di condizioni favorevoli per tutti da discutere con enti come la SIAE o con la politica nazionale. La parole d’ordine da sposare senza remore è “condivisione”, solo in questo modo potrà esserci crescita.
Quali obiettivi comuni vedi con il mondo del festival rappresentato da un’associazione come I-Jazz?
L’obiettivo primario, non solo con il mondo dei festival o per i Jazz Club ma con tutta la comunità jazzistica, non può che essere uno, ovvero far si che il jazz non sia visto come un genere musicale d’élite ma al contrario rappresenti e dimostri di essere un mondo inclusivo, dove per godere del piacere dell’ascolto non è di primaria importanza essere degli esperti del genere. La musica deve comunicare emozioni e a prescindere dalla propria preparazione e propensione all’ascolto, se questa ci emoziona allora siamo sulla strada giusta, e sicuramente il jazz è musica che emoziona e coinvolge. Nello specifico credo che, soprattutto negli ultimi anni, i festival, soprattutto quelli aperti alle masse (quindi tendenzialmente senza un biglietto di ingresso), abbiano dato una spinta positiva per la diffusione del jazz e questo ha sicuramente portato benefici anche ai Jazz Club. Con I-Jazz siamo “fratelli”, facciamo entrambi parte della Federazione Nazionale “Il Jazz Italiano”, è un’associazione che rappresenta molti festival di rilevanza nazionale, ci confrontiamo costantemente, sicuramente abbiamo degli obiettivi comuni e nella nuova agenda di Italia Jazz Club c’è sicuramente in programma l’idea di sviluppare insieme qualcosa di importante.

Da sempre il mondo dei jazz club è sinonimo di ricerca e sperimentazione: in questo ambito cosa ti auguri per il 2022?
L’augurio che posso fare a noi tutti è quello di poter avere sempre la possibilità di sperimentare e ricercare nuove vie, ospitare e ascoltare nei nostri club sempre più musica originale, questo ovviamente senza dimenticare le origini e le radici del jazz. Per poterci permettere questo è quasi inevitabile dover far ricorso ad aiuti esterni (la partecipazione ai bandi o avere la fortuna di essere ‘assistiti’ da filantropi) che possano in parte finanziare questa ‘ricerca’. La strada non è in discesa, soprattutto tenendo conto del periodo storico che stiamo attraversando, ma le capacità al nostro interno non mancano.
Come IJC state lavorando al programma degli Stati Generale del Jazz: quale contributo porterete? Puoi anticiparci qualcosa?
Per questo importante evento ci sarà il contributo di tutte le associazioni che fanno parte della Federazione, per quanto riguarda noi dei Jazz Club il nostro vice presidente sarà attore importante, sia per la sua esperienza nel campo della didattica sia per la sua storica militanza nella comunità jazzistica nazionale, farà parte del comitato scientifico. Altri nostri contributi, legati all’attività dei Jazz Club sono in fase perfezionamento, ma posso anticiparti che ci saranno concerti, TED emozionali e tanto altro ancora. Vorrei sottolineare che gli Stati Generali saranno un’occasione per fare il punto della situazione sul jazz in Italia, con la presenza delle associazione di categoria che fanno parte della Federazione nazionale “Il Jazz Italiano”, esponenti politici nazionali, esperti del settore e giornalisti, dove si discuterà dello stato dell’arte nella nostra penisola cercando di portare luce dove adesso ci sono ombre.
Grazie Rosario e buon lavoro!