Pubblicato il 23/08/2018
Dopo l’anteprima a Palombara Sabina (30 e 31 luglio), torna Una striscia di terra feconda, il Festival franco-italiano di jazz e musiche improvvisate diretto da Paolo Damiani e Armand Meignan. Per raccontare al meglio questa XXI edizione abbiamo raggiunto Paolo Damiani con il quale abbiamo parlato degli anni passati, della natura della rassegna e di molto altro.
Ventuno edizioni di un festival che, tra i primi in Europa, ha aperto la strada a un dialogo continuo tra gli artisti francesi e quelli italiani. Pensando a tutti questi anni di direzione artistica, riesci a farci un bilancio?
“Una striscia di terra feconda ha inventato, ormai 21 anni fa e per la prima volta in Europa, una “forma di festival” del tutto originale: invitare esclusivamente musicisti italiani e francesi, incentivando la creazione di formazioni con artisti dei due Paesi e valorizzando non soltanto i musicisti più conosciuti, ma anche i migliori giovani talenti, grazie anche alla commissione di musica inedita e alle produzioni originali pensate per la rassegna. Molti di questi gruppi vengono poi proposti nei migliori festival francesi, diffondendo il marchio della rassegna anche oltralpe.
Il successo di pubblico è crescente, negli anni è nata un’autentica comunità d’ascolto sia a Roma sia nel resto della regione, a Palombara e a Tivoli; un incontro e uno scambio, questo è Una striscia di terra feconda. Una dimensione che, attraverso le creazione di legami e incroci tra Italia e Francia, riesce a spostare la musica più in là e aiutare al meglio gli artisti a emozionarci: ‘toucher au cœur’, per dirla con Armand Meignan, che cura il programma insieme a me e a Deborah Compagnino, la vera anima del festival. Più che fare bilanci, cerchiamo di tracciare linee verso territori inesplorati, grazie ad artisti meravigliosi che – visto il contesto volutamente sperimentale – possono rischiare nuove narrazioni”.
C’è un anno che, tra tutti, ti ha regalato maggiori soddisfazioni?
“Certamente quello del ventennale, nel 2017: un programma assai ricco, con l’ONJ diretta da Benoit, la residenza di Theo Ceccaldi, i progetti di Maria Pia De Vito e Daniele Roccato, il Duo Rea Collignon e quello di Fresu con Petrella e molto altro. E poi il primo, nel 1998: non sapevamo cosa sarebbe successo davvero, presentando un programma senza star americane; ma il pubblico ha premiato l’idea, da subito. Ricordo una splendida orchestra che lavorò in residenza per tre giorni, provando composizioni originali scritte ad hoc per un organico inventato con Armand. Il festival si svolse presso i Giardini della Filarmonica, e potemmo ascoltare Marc Ducret, Paolo Fresu, Nguyen-Le, Eugenio Colombo, Yves Robert, Giancarlo Schiaffini, Stefano Battaglia, Francois Corneloup, Claude Barthelemy e molti altri musicisti francesi e italiani. Non solo star affermate ma anche i migliori giovani, la rassegna ha sempre riservato particolare attenzione ai talenti emergenti.
Negli anni questo impegno ha assunto carattere strutturale, il festival ormai rappresenta il più significativo riferimento per i giovani musicisti nel campo degli scambi Italia/Francia relativi al jazz e alle musiche improvvisate: il ricambio generazionale viene promosso proponendo giovani artisti ancora poco noti, spingendoli a osare, ad andare oltre quanto creato dai Maestri presenti al festival. In tal senso, dopo l’esperienza del Premio Django d’or, è stato inventato insieme alla SIAE un Premio per il miglior giovane emergente, che nel 2016 è stato assegnato al contrabbassista Gabriele Evangelista e nel 2017 al pianista Alessandro Lanzoni, che suonerà alla testa del suo gruppo nel 2018. Quest’anno il premio SIAE si fa in tre, premiando tre fra i primi classificati nel referendum nazionale Top Jazz, indetto dal prestigioso mensile Musica Jazz: Federica Michisanti, Jacopo Ferrazza, Francesco Massaro. Di rilievo è anche il concorso Jazzmigration, creato nel 2002 da AJC per sostenere la nascita e la diffusione di giovani musicisti jazz: ogni anno i festival membri selezionano un gruppo ciascuno, quindi tutte le formazioni vengono ascoltate dai direttori artistici, i quali eleggono i tre migliori gruppi, promossi e circuitati sia in Francia che all’estero. Purtroppo sono ancora rari i festival che osano programmare artisti sconosciuti per farli scoprire a nuovi pubblici. Jazzmigration nasce per dare nuovi spazi all’innovazione, i festival AJC si impegnano non solo a far circuitare i gruppi selezionati ma anche a produrre la loro prima registrazione discografica. Sono certo che I-Jazz e la Federazione non saranno da meno!”.
Produzioni originali, grandi nomi, anteprime esclusive: è questo equilibrio il punto di forza di Una striscia di terra feconda?
“Certo, senza dimenticare gli spazi per i nuovi talenti, la commissione di musica originale e l’attenzione per le residenze, sostenute anche da SIAE, MIDJ, Ambasciata e Institut Français”.
Il programma del 2018 ha una natura itinerante ed eterogenea: anteprima a Palombara Sabina a fine luglio, Tivoli dal 1 al 4 settembre, e poi Roma, all’Auditorium Parco della Musica, dal 18 al 21 settembre, e serata conclusiva alla Casa del Jazz il 22 settembre. Puoi raccontarci come avete pensato e composto il calendario di questo anno?
“Il rapporto con l’Auditorium e con la Casa del Jazz è ormai solido e rappresenta per noi motivo di orgoglio. Ci teniamo comunque a portare certe musiche in luoghi della regione particolarmente affascinanti e ricchi di storia, in cui i suoni più innovativi acquistano valenze impreviste. Da notare anche il ruolo decisivo della Siae nel sostenere la rassegna e le sinergie con importanti istituzioni come il Conservatorio di Musica Santa Cecilia e con l’Associazione Nazionale MIdJ (Musicisti Italiani di Jazz) con cui – grazie anche al contributo dell’Institut Francais e della Fondazione Nuovi Mecenati- sarà realizzata un’importante Residenza d’artista con quattro giovani talenti italiani selezionati tramite concorso nazionale e con il noto compositore e trombettista francese Mederic Collignon”.
Cosa sono per te condivisione, talento, arte?
“L’arte è una qualità di linguaggio, un processo simbolico nel quale i significati non sono dati solo da ciò che descrivono, come avviene nella lingua parlata; arte e linguaggio – quindi anche il jazz e le musiche improvvisate – sono forme di vita, processi evolutivi, attività governate da regole mutevoli.
Il talento è l’inclinazione naturale di una persona a esprimersi in modo eccellente in un qualunque campo delle umane attività. È un dono che peraltro tutti possiedono, anche se in misura differente. Ma va coltivato e nutrito attraverso sogni, visioni, passioni, esperienze, condivisioni, studi, che producano progetti artistici significativi. In tal senso il ruolo della scuola è decisivo, ogni studente deve poter praticare e studiare arte e musica; la scuola deve incoraggiare tutti e al tempo stesso riconoscere il talento di ognuno, in qualsiasi campo esso si possa esprimere. Il talento da solo non basta, ci vuole anche il coraggio di manifestarlo e di imporlo, a se stessi e al mondo.
Condivisione è la responsabilità di aprirsi agli altri, di donarsi, di ascoltare. In tal senso, il jazz non esiste senza condivisione. Funziona come l’amore, più o meno.
In conclusione, con Una Striscia di terra feconda vogliamo condividere responsabilità, talento, passioni e progetti, favorendo la creazione di gruppi con musicisti dei due Paesi per affermare la nostra fiducia nei valori culturali e sociali espressi dall’Europa, potenziando le residenze e creando ulteriori opportunità per i giovani talenti italiani e francesi”.
Giulia Focardi