Pubblicato il 27/09/2018
“Il mondo è suono” dice un detto induista, “la musica una vibrazione originaria”. Sin dalla nascita non possiamo prescindere dalla realtà sonora e dalla musica, che diventano parte integrante della nostra vita da subito, vero mezzo conduttore di scoperte, di contatto con il mondo che ci circonda. L’udito è uno dei primi sensi che alleniamo, con cui ci orientiamo ancora prima di stabilire i primi contatti con l’ambiente attraverso la vista e il tatto: la voce della mamma, inizia tutto da qui. E’ il tappeto sonoro su cui costruiamo la nostra sensibilità; dopo si aggiungono le prime melodie, le prime canzoni.
La musica è uno dei primi laboratori del mondo con cui si confronta il bambino ed è da qui che ha preso vita la nostra chiacchierata con Sonia Peana, violinista affermata e attiva nella didattica nei nidi e nelle scuole dell’infanzia (dal 2010 è ideatrice del progetto “Nidi di note” che ha come intento quello di sensibilizzare le istituzioni e le famiglie all’importanza della musica sin dalla più tenera età), e Catia Gori, docente e cantante, nonché direttrice di cori voci bianche e giovanili e promotrice di esperienze musicali legate alla educazione musicale nella scuola primaria (da anni coinvolta nel progetto Pazzi di jazz per le scuole del territorio di Ravenna, progetto ideato, promosso e finanziato da Jazz Network presieduto da Sandra Costantini). Un dialogo sul rapporto tra musica e infanzia, a partire dall’esperienza svolta all’Aquila in occasione dell’evento “Il Jazz Italiano per le terre del sisma”.
“Il jazz italiano per le terre del sisma” ha sempre messo al centro la purezza del messaggio musicale, della musica come momento di socialità, di aggregazione, di crescita personale e collettiva al tempo stesso. L’ha fatto anche grazie ai laboratori per i bambini di tutte le età, attività fondamentale per far crescere radici solide. Qual è il vostro bilancio a riguardo?
S.P. “Sono sempre più felice e soddisfatta che, dalla nascita dell’iniziativa, la parte dedicata ai bambini sia sempre più ricca di contenuti di grande qualità; anche quest’anno abbiamo avuto diversi appuntamenti tra spettacoli fruibili da genitori e bambini ricchi di poetica e sfumature sempre nuove, e laboratori per bambini da 0 a 6 anni. Personalmente ho sempre fatto in modo di coinvolgere nell’evento amici di cui conoscevo bene la qualità professionale e che da tempo collaborano con noi nel progetto Nidi di Note. Quest’anno ho poi invitato per i laboratori il gruppo Nati nelle Note, una realtà proprio dell’Aquila con musicisti speciali e sensibili, hanno fatto un lavoro meraviglioso. Assistere ai laboratori è commovente, un’esperienza unica soprattutto per chi non conosce questo tipo di approccio alla musica per i piccolissimi”.
C.G. “Credo che dare spazio a esperienze legate alla musica come elemento di socializzazione e comunione sia fondamentale in ogni esperienza che si definisce educativa. Ho assistito ai laboratori di Nati nelle Note, invitati da Sonia, all’Aquila. E’ un compito molto impegnativo occuparsi dell’educazione musicale in questa fascia di età in cui tutto si apprende, e si conserva. Sono stata rapita dal pensiero e dall’emozione di questa consapevolezza: ogni esperienza musicale è un seme che si custodisce nella nostra memoria sonora ed emotiva, per questo va curata al meglio, ed è necessario una precisa preparazione professionale che guidi gli educatori nella progettazione delle attività per i più piccoli”.
Quali sono, secondo te, gli aspetti più importanti dell’insegnamento della musica nell’età infantile?
S.P. “Sono tanti: fra questi è fondamentale il rispetto e l’attenzione verso il bambino come essere unico, speciale e prezioso, portatore di talenti e di ricchezze da scoprire con un approccio musicale immersivo, in cui non è importante la produzione, ma l’ascolto attento. I bambini hanno enormi potenzialità musicali che devono manifestarsi naturalmente, questo è possibile immergendoli in una realtà sonora ricca di stimoli, dove possono muoversi naturalmente, fare delle proposte vocali o ritmiche che l’esperto musicale rafforza e riproduce arricchendole di volta in volta in un universo sonoro che diventa per loro piacevole e familiare e in cui il senso del piacere e della libertà sia sempre presente”.
C.G. “L’educazione musicale e artistica è prima di tutto un diritto del cittadino. Ogni individuo ha una propria identità musicale che va ascoltata e valorizzata, mai etichettata. In tutta la cultura classica il valore della musica è stato delineato con grandissima efficacia, specie dai grandi filosofi che vedevano nell’educazione e nell’insegnamento della musica la chiave per la formazione e l’etica del futuro cittadino, e si è cittadini sin da piccoli. In ottica relazionale la musica offre un potente mezzo di socializzazione: a differenza di molte altre espressioni artistiche, la musica prende vita se la si fa; quando poi viene “fatta” insieme, implicitamente e silenziosamente si attivano azioni raffinatissime, molto potenti sul piano dell’interazione.
Il gruppo è un modello pedagogico molto alto in termini educativi, e la pedagogia è la strada maestra che attiverà il desiderio a cercare maggiore musica, maggiore piacevolezza e stima di sé. E’ la base da cui partire per non trasformare questa meravigliosa esperienza in una disciplina ripetitiva e performante, poco avvezza alla improvvisazione personale, alla pratica laboratoriale. Il fare è sapere: ho appreso questo dai tanti bambini che ho fortunatamente incontrato. Spesso la netta separazione fra sapere teorico e apprendimento pratico è ciò che a mio avviso ha diffuso nel campo dell’apprendimento musicale equivoci non di poco conto. Poi arrivano i bambini con il loro potere purificante, come dice Sonia, e allora noi musicisti insegnanti diventiamo degli artigiani e degli ascoltatori, esseri umani che vogliono trasmettere con gioia e bellezza il loro talento musicale”.
Quali passi sono stati fatti e stanno nascendo, in Italia, al momento? Progetti, attività, azioni che vale la pena ricordare.
S.P. “In Italia siamo ancora indietro per quanto riguarda l’educazione musicale, in tutte le scuole di ordine e grado. Con la riforma della buona scuola è stato fatto qualche passo in più per far entrare la musica nella scuola primaria, ma tuttora non è fra le attività con un insegnante specializzato e non rientrano nell’orario curricolare.
Per quanto riguarda la fascia d’età 0-6 si è costituito da qualche anno un Tavolo Permanente 0-6 di cui fanno parte numerose associazioni che si occupano di didattica musicale, ma c’è ancora tanto da fare, soprattutto per valorizzare e inquadrare la figura dell’esperto musicale che lavora nella prima infanzia e che non ha alcun riconoscimento e nessun tipo di inquadramento dal punto di vista lavorativo”.
C.G “In Italia, per quanto si sia ancora poco efficaci sul dare più musica nelle scuole di ogni ordine e grado, non si può non ricordare la nostra straordinaria cultura musicale. Nella legge 107 del 2015 si sono sottolineate riflessioni importanti sulla musica, purtroppo poi la limitazione di risorse riporta il discorso su un piano di blocco operativo. Il Comitato per l’Apprendimento Pratico per la Musica per tutti gli Studenti presieduto da Luigi Berlinguer, instancabile promotore dell’importanza di progetti musicali nelle scuole, lavora dal 2006 in questa direzione. Dal 2011, per esempio, con l’attuazione del D.M 8, gli insegnanti di ruolo con titoli musicali specifici hanno potuto attivare ore di docenza musicale in qualità di esperti su più classi nelle scuole primarie. Ma manca completamente l’educazione musicale nelle scuole secondario di secondo grado. La strada per far capire l’importanza dell’ esperienza musicale come storia dello sviluppo del pensiero dell’uomo è ancora lunga. Anche se, negli ultimi anni, gli insegnanti sono riusciti a produrre molti miracoli con la loro forza e la loro energia costruttiva in questo ambito”.
Insieme avete dato vita a “Il Jazz va a scuola”, il primo importante progetto della Federazione Nazionale “Il Jazz Italiano”, un’operazione imponente e significativa per far dialogare il mondo della scuola e quello della musica jazz: ce ne raccontate la genesi e quali saranno gli sviluppi futuri?
S.P. “Il Jazz va a scuola nasce dall’esigenza di portare un linguaggio ricco e creativo che da sempre unisce e ha unito varie culture come il jazz. Proprio per le proprie caratteristiche basate sull’improvvisazione, il dialogo, la libertà espressiva, la ricchezza timbrica e vocale si può eleggere fra quei linguaggi più vicini ai bambini e ragazzi. Il suo approccio più informale, le storie che si porta dietro sono fonte di spunti e ispirazioni per un nuovo approccio alla didattica musicale. Gli sviluppi futuri che ci auguriamo saranno quelli di portarlo nelle scuole, dai nidi alle superiori, con diverse proposte di qualità e con musicisti esperti da anni lavorano in questa direzione.
Una prima mappatura di ciò che è presente ora nelle scuole italiane ci fa scoprire progetti virtuosi e importanti che devono assolutamente essere valorizzati e devono servire da esempio per crearne degli altri. La Federazione si pone come ente accreditato per la scelta dei percorsi e degli insegnanti che interverranno nelle scuole nella speranza che, come successo nei Conservatori, il jazz possa entrare ufficialmente a scuola per arricchire i programmi con lo sguardo artistico e creativo che lo contraddistingue”.
C.G. “Il Jazz va a scuola, nasce proprio da questa passione… La fiamma del jazz ha unito diversi incontri! E’ una operazione imponente, è vero, specie per la portata culturale che promuove. E’ la proposta di un’intera Federazione e del suo presidente, Paolo Fresu, proposta che si apre all’ascolto del mondo della scuola e viceversa, poiché la scuola è la base della società.
Il jazz è sempre stato uno strumento molto agile, veloce, intuitivo, dinamico, socializzante, mai semplicistico ma portatore sano di una storia fondamentale: quella di una rivoluzione umana sul piano dei diritti, della uguaglianza della identità della umanità. Oggi come allora queste problematiche sono ancora in atto; per questo noi musicisti, insegnanti porteremo la nostra storia, questa storia, con il nostro fare musica, seminando insieme idee, nuove opportunità, stimoli, conoscenze, riflessioni e percorsi comuni.
Da questo progetto nasce come primo step un primo Convegno nazionale – sempre ideato e proposto dalla Federazione – che si terrà a Bologna il 17 novembre 2018 presso l’Unipol Auditorium. Verrà organizzato in collaborazione con il MIUR, Comitato per l’ Apprendimento Pratico della Musica, e con l’Istituto Comprensivo 16 di Bologna quale ente erogante per l’accreditamento formativo per i docenti partecipanti. Sarà un evento aperto a tutti coloro che amano l’argomento e desiderano confrontarsi liberamente. Saranno presentate le esperienze di molti docenti e i musicisti che hanno intrapreso progettazioni sul jazz, mentre gli studenti delle formazioni musicali di insieme, nate dagli stessi progetti, ci regaleranno il loro lavoro dal vivo.
Sarà anche l’occasione per attivare un laboratorio di idee e progettazione sulla formazione degli insegnanti nonchè sulla collaborazione che la Federazione potrà portare avanti con tutta le realtà associative al suo interno in questa direzione.
Ricordiamo che il video del Progetto “Il Jazz va a scuola” ha raccolto nel giro di poco settimane più di 36.000 visualizzazioni… Direi che se volessimo riassumere in stile be-bop l’espressione più immediata di tutta questa azione sarebbe la seguente: NOW’S THE TIME!”.
Giulia Focardi