Pubblicato il 02/05/2023
Se il termine “dismesso” vi suscita un certo (comprensibile) disagio, dopo aver letto l’intervista a Maddalena Calderoni e conosciuto la storia di Tones Teatro Natura, un angolo di Italia incastonato nella Valle Ossola cui la Natura e l’Uomo, dopo anni trascorsi a fronteggiarsi e sfidarsi, hanno ‘fatto pace’ all’insegna dell’arte e della cultura, potreste cambiare idea. E pensare che tutto ha inizio durante il primo lockdown del 2020! Quando il mondo sigillava le porte di teatri, sale concerti, cinema e auditorium, a Oira il team della Fondazione Tones on the Stones e Maddalena, che è alla direzione artistica dei progetti della Fondazione, decidono che è arrivato il momento di aprire un teatro, e proprio dentro un sito industriale dismesso, la Cava di Roncino.
Sono seguiti due anni di lavoro intenso, prezioso, che hanno restituito alla comunità uno spazio multifunzionale dedicato allo spettacolo dal vivo e alla ricerca e all’innovazione in campo culturale e ambientale, ma anche alla cura e al benessere delle persone. Un esempio di come una criticità territoriale possa trasformarsi in una leva economica, sociale e culturale. E farlo rendendo protagonisti le arti performative e avendo come obiettivo offrire opportunità e visioni coraggiose per i giovani, rende il tutto ancora più coinvolgente. Ma lasciamo la parola a Maddalena.
Come nasce la Fondazione Tones on the Stones?
La Fondazione nasce a fine 2018, come emanazione di un’associazione che nel 2007 ha dato vita al festival Tones on the Stones, divenuto presto un vero e proprio format che, notevolmente cresciuto nel tempo, sentiva la necessità di una forma giuridica adeguata. Una scelta profetica, perché dopo soli tre anni ci siamo ritrovati con un patrimonio importante da gestire come quello di Tones Teatro Natura.
Tones Teatro Natura è un luogo di grande suggestione: quale è la sua storia?
Tones Teatro Natura nasce durante il primo lockdown del 2020. Mentre tutti i teatri nel mondo erano chiusi, costruirne uno nuovo ci è sembrato davvero un gesto potente e pieno di significato. La storia del festival era tradizionalmente connessa alle cave ancora attive, ma in questo caso ne abbiamo trovata una dismessa ormai da parecchi anni, e partendo da questa scoperta, abbiamo intrapreso un percorso davvero ambizioso: da una parte farci capo della riqualificazione ambientale imposta da Regione Piemonte, e dall’altra lavorare per costruire una comunità che abitasse questo spazio in modo continuativo, affinché non rimanesse esclusivamente il luogo nel quale si allestiscono gli spettacoli di Tones on the Stones.
Ci racconti quali sono stati gli elementi chiave del progetto?
Tones Teatro Natura è stato progettato fin dall’inizio come uno spazio dedicato alle nuove generazioni, al cuore di un grande ecosistema che identifica la cultura e la sostenibilità come motore per lo sviluppo economico-sociale di un territorio montano di grande bellezza, ma a rischio di impoverimento culturale e di continuo abbandono da parte delle nuove generazioni.
In due anni è stato fatto un lavoro straordinario. Grazie alla capacità del progetto far propri i fondamentali valori dell‘Agenda 2030, e profilando il nuovo spazio in modo particolarmente attento al patrimonio ambientale, abbiamo intercettato molte risorse non solo delle fondazioni di origine bancaria, ma anche di soggetti privati che hanno offerto materiali, servizi e consulenze in kind, consentendoci di raddoppiare la velocità di realizzazione e di creare una fitta rete di partner e di comunità ingaggiati.
Che tipo di dialogo avete avviato con le realtà e le istituzioni del territorio?
Tones Teatro Natura è divenuto un esempio a livello nazionale, di come una criticità territoriale possa trasformarsi in una leva economica, sociale e culturale.
Abbiamo voluto posizionare Tones Teatro Natura come spazio dedicato non solo allo spettacolo dal vivo, ma anche alla ricerca e all’innovazione in campo culturale e ambientale. Un luogo per occuparsi di cura e benessere delle persone, di educazione ambientale e formazione per alcune professioni artistiche e tecniche come light designer e operatori multimediali.
Abbiamo infine interagito con le comunità locali, offrendo loro nuovi spazi e opportunità: penso ad esempio a Campo Base Festival, che esplora il rapporto tra uomo e natura e i temi legati alla cultura della montagna e dell’ambiente, realizzato con una fitta rete territoriale. Stiamo già ospitando, per diverse attività, le cooperative sociali, i servizi sociali per progetti inclusivi con i migranti, le imprese per eventi, iniziative di team building e di volontariato d’impresa, e con le guide alpine stiamo realizzando una scuola con palestre di arrampicata.
In questo contesto così unico, cosa significa fare ricerca artistica?
La nostra ricerca artistica si fonda principalmente su una modalità di produzione degli eventi che affida all’unicità del luogo una valenza non solo scenografica, ma anche drammaturgica. Tones on the Stones quasi ogni anno produce un’opera, spesso multidisciplinare, un corpus che nel tempo ha contribuito a consolidare la nostra cifra stilistica. Inoltre, credo che la nostra qualità si evidenzi anche nella capacità di creare format che a loro volta diventano contenitori di ricerca artistica, come Nextones, festival dedicato ai nuovi suoni e alle arti digitali, che quest’anno compie dieci anni.
Il rapporto tra Arte e Natura è al centro di ogni attività della Fondazione: nel tuo lavoro alla direzione artistica questo cosa significa?
La missione di Tones Teatro Natura è quella di offrire opportunità e visioni coraggiose per i giovani, per costruire un futuro a misura di tutti gli esseri viventi. La mia idea è quella di trovare il più possibile le connessioni tra Arte e Natura in grado di produrre contenuti che contribuiscano alla rivoluzione ambientale, sociale e culturale di cui tutti necessitiamo. Il mio compito è quello di intercettare artisti, creativi e idee che possano dar vita a progetti, format, spettacoli ricchi di stimoli.
Quest’anno parte RiGenerAzioni, un progetto che ho pensato proprio per gli studenti del territorio delle primarie e secondarie e che in futuro potrà essere esteso ad altre province. RiGenerAzioni propone attività di piantumazione e scoperta della biodiversità, attività di arrampicata per superare le proprie paure, laboratori di creatività sul tema del riuso, incontri con startup innovative impegnate nell’economia circolare, e un laboratorio di teatro sociale per le scuole superiori che si stanno confrontando con sfide epocali. In poche settimane abbiamo ricevuto oltre 700 adesioni, superando ogni aspettativa!
È poi Tones Teatro Natura stesso a proporre una modalità di fruizione attenta agli impatti ambientali, con tutta una serie di regole per il suo corretto utilizzo che continuiamo a divulgare e che confermiamo attraverso un sistema di gestione per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica già certificato da alcuni anni.
La Fondazione firma una stagione multidisciplinare molto ricca: come si inserisce in questa programmazione la musica jazz?
Tones on the Stones non si limita a presentare spettacoli attraversando generi diversi, ma produce spettacoli multidisciplinari, dove musica, danza, circo, teatro e videoproiezioni convivono per abitare gli spazi maestosi e spettacolari che ci accolgono e con i quali ci dobbiamo misurare. Già a partire dal 2014 abbiamo prodotto opere liriche con allestimenti immersivi che hanno saputo avvicinare all’Opera molto pubblico che non frequenta abitualmente i teatri di tradizione.
In passato il festival ha ospitato grandi nomi del jazz, e per ogni edizione avevamo ospiti internazionali di grandissimo richiamo. Recentemente, abbiamo cambiato direzione proponendo nuovi filoni come la valorizzazione di talenti emergenti del nostro territorio, la presentazione di progetti firmati da jazziste (purtroppo ancora una minoranza) e spettacoli che coniugano il jazz e la multimedialità. Tengo anche a sottolineare che, partendo dalle scuole, siamo impegnati in un percorso di formazione e avvicinamento di nuovo pubblico al repertorio jazz.
Un momento significativo per te in questi anni di direzione artistica?
L’esperienza più gratificante è stata certamente la produzione The Witches Seed, andata in scena a luglio del 2022, una produzione alla quale ho lavorato per quasi quattro anni. Volevo raccontare alcuni fatti storici accaduti in Ossola, legati alla durissima caccia alle streghe avvenuta durante l’inquisizione novarese all’interno di un’opera immersiva.
Sono riuscita a coinvolgere una compagine artistica straordinaria per ogni singolo ruolo, a partire da Stewart Copeland (The Police) a cui ho commissionato le musiche. Affiancandomi a tutti i creativi coinvolti, ho potuto immergermi in un flusso creativo fantastico, partendo dalla stesura del libretto passando per l’allestimento video scenografico immersivo fino alla scelta del cast. Ho anche avuto la fortuna di stare sul palcoscenico nel ruolo di una delle tre streghe. Un’esperienza totalizzante. Attualmente siamo al lavoro per far circuitare The Witches Seed in Italia e in Europa.
Qualche anticipazione sulla programmazione musicale 2023?
Il programma della nuova stagione è stato presentato pochi giorni fa e collegandosi al nostro sito si può consultare tutto il calendario, ma parliamo di jazz. Quest’anno ho pensato fosse giusto festeggiare i 30 anni da quando in Ossola è iniziato un percorso formativo che ha dato vita a diverse generazioni di fantastici musicisti, dai primi talenti degli anni Novanta come Roberto Olzer, Fabrizio Spadea, passando da Michele Gori, Michele Guaglio, Riccardo Chiaberta per arrivare a giovani Simone Locarni e Ottavia Rinaldi.
Abbiamo in programma una ‘maratona’ per presentare diversi set con ospiti come Ramberto Ciammarughi, che ha da sempre tenuto il corso formativo, Fabrizio Bosso e Simona Bencini. Presenteremo anche StraborDante con John De Leo, Nicola Fazzini e il suo ensemble XY proprio per la nostra vocazione multimediale, con il nostro contesto a supporto di questo bellissimo lavoro.
L’esperienza all’interno di una rete come quella di I-Jazz cosa ha aggiunto alla tua visione di operatore culturale?
A livello personale, far parte della rete mi ha permesso in primo luogo di riconnettermi con un ambito musicale che ultimamente ho potuto seguire meno, essendo focalizzata sulla realizzazione di Tones Teatro Natura. È sicuramente un’opportunità per scoprire tanti nuovi progetti interessanti, e per la Fondazione è uno strumento prezioso per i servizi che eroga e perché consente di avere una visione generale di come gli enti combattono quotidianamente e si interfacciano con le istituzioni.
Le due sfide più importanti per il jazz italiano?
Penso che la principale sia intercettare nuovo pubblico, magari lavorando sugli allestimenti e sull’innovazione anche grazie alle nuove tecnologie. Inoltre, sui palcoscenici ad oggi abbiamo una presenza troppo bassa di donne, e ancor meno di autrici di progetti artistici e musicali: per questo, sto cercando alleanze europee per fare progettazione comune e offrire loro maggiori opportunità.
Photo Maddalena Calderoni @Lorenza Daverio
Scheda socio I-Jazz Tones on the Stones