Pubblicato il 06/11/2023
Una rassegna itinerante che si trasforma di stagione in stagione e che da sempre intreccia la musica all’arte contemporanea e alla fotografia. E’ questo il ritratto di Jazz Visions, un progetto artistico che attraversa una terra di confine, a ridosso delle Alpi, facendo tappa nei boschi, tra i giardini di palazzi nobiliari, negli spazi di una fabbrica metalmeccanica, e in luoghi di grande suggestione dove natura, arte e progettazione (visionaria) dell’uomo trovano un perfetto equilibrio.
Per saperne di più sulla storia e i programmi di Jazz Visions, abbiamo fatto una chiaccherata con Luigi Martinale, direttore artistico della rassegna, a pochi giorni da un appuntamento molto importante che lo vede protagonista su un palco decisamente speciale.
Iniziamo a conoscere l’associazione Class & Jazz: ci racconti quando nasce, con quali obiettivi e come riuscite a intrecciare musica classica e jazz?
Vorrei partire dal collocare la nostra azione sul territorio che si estende sull’asse Pinerolo – Cuneo: quindi una terra di confine tra due province, a ridosso delle Alpi. L’associazione nasce nel 2018 con l’obiettivo di intensificare e diversificare l’attività musicale sul territorio: il termine class può essere ricondotto sia ad aspetti della musica accademica che all’attività rivolta alle scuole e alle masterclass proposte al Conservatorio “Ghedini”, con cui da anni collaboriamo alla realizzazione di vari progetti concertistici e didattici. Beh… il termine jazz mi sembra non abbia bisogno di spiegazioni.
Nel 2020 l’associazione Cenacolo Michele Ginotta, organizzatrice di Jazz Visions fin dal 2009, decide di interrompere questa attività, lasciando la possibilità alla nuova associazione Class & Jazz di portare avanti la rassegna, garantendo continuità e tutto “lo storico”.
Il progetto Jazz Visions prende il via nel 2010: una stagione che abbraccia un intero anno e che mette insieme musica, arte, fotografia e tanto altro. Come costruisci il programma degli eventi?
Jazz Visions è una rassegna itinerante che si trasforma di stagione in stagione, lavorando in collaborazione con amministrazioni comunali, enti e realtà private: ogni anno la mappa degli attori coinvolti può cambiare, rendendo la rassegna ogni volta diversa.
La fotografia, elemento distintivo da sempre del jazz, ci accompagna fin dalla prima edizione con la creazione del gruppo fotografico, documentando tutti gli eventi, creando l’archivio, ormai di un certo peso, allestendo mostre dedicate ai fotografi che da anni collaborano con noi. Un ulteriore aspetto che contraddistingue Jazz Visions è l’attenzione per l’arte contemporanea che spesso accompagna i nostri eventi.
Jazz Visions 2023: se dovessi scegliere due parole chiave per raccontare questa edizione della rassegna?
Molto difficile fornire due parole per descrivere la rassegna, sempre così camaleontica e diversificata nelle proposte e nei luoghi: ecco, forse l’aggettivo migliore potrebbe essere camaleontica.
Abbiamo portato concerti non solo nei teatri e sale da concerto, ma anche in prestigiosi giardini di palazzi nobiliari, all’interno di una fabbrica metalmeccanica, le Aziende Giletta, appuntamento fisso e prestigioso ormai da più di dieci anni, in un bosco in montagna, in prati panoramici in alta quota a ridosso del Monviso.
Il 12 novembre sarete impegnati in un evento particolare che rientra nel progetto nazionale di I-Jazz “Città (in)visibili”, sostenuto dal MIC e dal FAI: cosa ci puoi anticipare? Chi sarà con te sul palco a Savigliano?
Sì, il 12 novembre saremo impegnati nella realizzazione di un evento importante inserito nella programmazione del progetto nazionale Città (In)visibili, Per la prima volta il Comune di Savigliano, con la collaborazione tecnica dell’Istituto Musicale Fergusio, entra nel circuito di Jazz Visions, concedendoci un luogo estremamente suggestivo. Un luogo che si sposa perfettamente con il concetto insito nel progetto Città (In)visibili che punta alla valorizzazione del patrimonio artistico e architettonico delle città italiane, attraverso la musica e l’arte.
Il luogo prescelto è la Crusà Neira, luogo difficile da descrivere: una chiesa barocca salvata dal rischio abbattimento, in seguito a un crollo parziale. Una fantastica e lungimirante operazione di re-invenzione del luogo ha portato alla realizzazione di un nuovo soggetto architettonico dove le parti mancanti della chiesa sono state realizzate in legno, completando il resto con una struttura di acciaio e vetro.
Il progetto che trae spunto da Le Città Invisibili, celebre opera di Italo Calvino, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, vede sul palco Il quartetto che guido da parecchi anni e che comprende: Stefano ‘Cocco’ Cantini ai sassofoni, Yuri Goloubev al contrabbasso e il batterista brasiliano Zaza Desiderio. L’organico è stato decisamente allargato nel 2019 con l’ingresso dell’Ensemble Classwing, costituito da sette musicisti classici (quartetto d’archi e trio di fiati). Per questa formazione scrivo brani originali: un lavoro decisamente impegnativo, ma di grande soddisfazione artistica. Per la serata del 12 novembre il repertorio sarà costituito da molte nuove composizioni.
Ad affiancare la musica, la mostra dell’incisore Marco Tallone che da molto tempo lavora sul concetto delle forme urbane, un tema strettamente legato alla progettualità della serata cui parteciperà l’attrice Francesca Elena Monte con il compito di introdurre i brani con citazioni tratte dalle pagine di Calvino, fonte di ispirazione per il nuovo lavoro compositivo. Insomma un progetto artistico decisamente impegnativo con molte energie e messe in campo.
A suggellare lo sforzo collettivo, la serata si concluderà con un brindisi con vino rigorosamente locale, della Cantina l’Autin, partner enologico di molti eventi di Jazz Visions, che da sempre cercare di valorizzare la musica, i musicisti, gli artisti, ma anche le bellezze e i prodotti di un territorio che può sorprendere.
I tre obiettivi che Luigi Martinale considera prioritari per il futuro del jazz italiano: da musicista, da docente, da direttore artistico.
Da musicista: sfatare il mito che il jazz sia musica “difficile” e da cui stare alla larga.
Da docente: sfatare il mito che non si possa insegnare il jazz.
Da direttore artistico sfatare il mito che alle donne non piace il jazz, non si capisce il…
Ci regali un ricordo personale che racconta la tua passione per il jazz? Un incontro? Un concerto?
La prima volta che ho ascoltato dal vivo Michel Petrucciani. Avevamo (avremmo…) la stessa età, eravamo giovanissimi. Non sapevo chi fosse e non sapevo dei suoi problemi fisici. Dopo un attimo di incredulità al suo ingresso sulla scena sono rimasto folgorato da così tanta musicalità e un potere di comunicazione fuori della norma.
E ci dedichi un brano che faccia da colonna sonora a questa intervista?
Sono direttore artistico, ma soprattutto musicista e quindi una buona dose di ego reputo sia necessaria per sostenere questa attività, Quindi vi lascio questo Sundial Time, un mio brano, tratto dal CD intitolato Songs not Words (Abeat, 2021) registrato appunto dal mio Quartetto con l’Ensemble Classwing.
Grazie Luigi!
Scheda socio Associazione Class & Jazz