Pubblicato il 21/10/2020
“La giornata all’Aquila del 6 settembre ha un alto valore concreto e simbolico
per la città in ricostruzione e per il jazz italiano. Se l’attesa per questo evento è stata grande, la risposta del pubblico, dei musicisti e degli aquilani è risultata incredibile
ed emozionante. Ancora una volta lo strumento della musica diventa
uno straordinario catalizzatore di energie che suggerisce incontri,
pensieri e riflessioni su ciò che stiamo vivendo”.
Questo è il breve messaggio pubblicato dall’ANSA il giorno successivo alla giornata aquilana del 6 settembre 2015. Il messaggio, scritto da Paolo Fresu, ideatore e direttore artistico, fu spedito a tutti i musicisti e a chi contribuì, con passione, competenza e senso solidale, alla buona riuscita della manifestazione allora organizzata da I-Jazz, Midj e Casa del Jazz di Roma.
“Il jazz italiano per L’Aquila” fu un evento fondamentale per il nostro Paese e questo si è arricchito, durante il percorso, di plurisignificati che solo in parte avevamo previsto e che ha portato a una crescita costante della manifestazione.
Non solo quello della solidarietà per la città in ricostruzione e per l’accento posto sullo stato di avanzamento dei lavori ma anche per un progresso importante relativo alla “nostra” musica che, finalmente, si mostrava per ciò che era e provava a uscire dalla nicchia storica nella quale si era da sempre trovata. Un’occasione importante per contarci e guardarci negli occhi in un Paese sempre più lungo e frastagliato. Ma il molteplice senso non si celava solo nell’evidente risultato di allora. Si nascondeva anche nella rinnovata esigenza di essere riusciti, tutti assieme, a fare dialogare il nostro jazz abbattendo le barriere dei ruoli reciproci e delle competenze specifiche. In quella edizione parteciparono 600 artisti provenienti da tutta l’Italia con oltre 100 concerti distribuiti in 18 palchi posti nel centro storico della città in sole dodici ore e con un pubblico di circa 60.000 persone. Sono il racconto, non solo numerico, di una emozione ancora viva e di un messaggio forte che mai dovrà cadere nell’oblio.
Seppure si fosse deciso di essere a L’Aquila per un solo anno il suo successo e gli avvenimenti successivi ci spinsero a continuare.
Da tutta l’Italia sono accorsi in questi sei anni e a titolo di volontariato non solo artisti ma anche direttori di festival, fotografi, etichette, didatti, operatori e collaboratori. Tutti si sono messi a disposizione per organizzare nel modo migliore la complessa manifestazione e per dirigere i vari palchi dimostrando, in sinergia con i volontari locali, con la Protezione Civile dell’Aquila e delle altre città purtroppo colpite dal sisma e, grazie alla disponibilità degli artisti, grandi capacità organizzative e voglia di dialogare all’interno del mondo jazzistico.
Soprattutto in un momento in cui tutti siamo investiti da una profonda crisi e sentiamo il bisogno di confrontarci e di aiutarci reciprocamente.
L’occasione aquilana ha mostrato al mondo non solo le potenzialità della nostra musica ma ha sottolineato in modo forte l’esistenza della stessa, la sua identità e le sue ramificazioni e l’organizzazione flessibile che nasce dal suo essere musica a forte matrice improvvisativa.
L’ossimoro del jazz come metafora per la ricostruzione della città e di quel grande palazzo che è il jazz italiano: fragile, elastico e contemporaneamente forte come dovrebbe essere qualsiasi palazzo.
Inoltre, il nostro jazz è finalmente uscito dal silenzio della stampa e della televisione. Quel giorno di settembre tutti gli italiani ebbero la possibilità di seguire la grande festa aquilana dalle loro case grazie alla Rai (sia radio che televisione) e il 26 settembre, in prima serata, fu trasmesso uno speciale di ben 110 minuti su Rai5. Caso più unico che raro nella storia della nostra informazione pubblica visto che il jazz (quando passa…) può contare solo sul pubblico dei nottambuli!
Alcuni dissero allora che fu uno spot elettorale per il Ministro Dario Franceschini ma sarebbe ingiusto non sottolineare che fu, all’origine, una sua l’idea che poi noi facemmo nostra ampliandola in maniera esponenziale e facendola diventare un grande festival sul jazz italiano mai visto prima. Invito arrivato dall’unico Ministro che, nella storia della Repubblica, ha pronunciato la parola “Jazz” in ambiti ministeriali e ha chiesto scusa per un vuoto di decenni che si colma solo ora.
Altri hanno teorizzato un’altra tipologia di giornata per L’Aquila (dallo scorso anno diventate due) ma teorizzare non è sufficiente… È facile parlare dietro la tastiera di un computer soprattutto quando mai si è avuta la curiosità di partecipare anche come semplici spettatori mentre è difficile investirsi in prima persona per realizzare un qualcosa che, nel jazz italiano, ha fatto da spartiacque tra il “prima” e il “dopo” L’Aquila.
Alcuni musicisti hanno lamentato il non essere stati invitati e il non essere in quel lungo elenco dei 3000 artisti che finora hanno partecipato. Ci fossero stati loro non ci sarebbero stati gli altri e c’è un tempo e uno spazio per ogni cosa. La verità è che ogni anno i musicisti cambiano e si fa in modo di inserire artisti non presenti nelle edizioni precedenti, perché la volontà primaria è dare a questa manifestazione la valenza di un grande palcoscenico che rappresenta tutto il jazz italiano nelle sue varie sfaccettature e diversificazioni. E fino a che ci saremo questo sarà il senso di quelle giornate. Se pensiamo che il nostro mondo è in continua crescita e fermento ci piace ipotizzare che la manifestazione durerà per decenni per dare ogni anno spazio a nuove progettualità e a nuovi artisti.
Ovviamente molti sono stati anche i contributi interessanti e le preziose riflessioni conseguenti al “nostro” operato. Nostro perché da qualche tempo stiamo sviluppando un percorso comune, assieme alle realtà di respiro nazionale che credono nel futuro della nostra musica e che vogliono collocarla in un luogo dove mai è stata nella storia del nostro Paese.
Per il bene del nostro jazz che necessita più unità e consapevolezza nonché voglia di mettere in retroguardia il proprio “Io” per sentirci ancora più importanti e uniti.
È accaduto con “La partita del cuore” della Nazionale Italiana Jazzisti che in questi anni ha finanziato la Casa della Musica di Amatrice, è successo con la donazione di un pianoforte al Conservatorio de L’Aquila oltre che con altre iniziative solidali.
Se l’idea era quella di accompagnare la ricostruzione per tre anni il 24 agosto del 2016 tremarono Amatrice, Accumoli, Camerino, Norcia e molti altri luoghi del centro Italia coinvolgendo le Regioni di Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria. Fu dunque impossibile garantire la manifestazione a L’Aquila, per motivi di sicurezza e per vicinanza storica e umana con Amatrice alla cui città gli aquilani sono fortemente legati. Nell’arco di una settimana il programma del festival venne smembrato e ricostruito in 25 città Italiane, da Courmayeur a Lampedusa, dando prova di grande unità e capacità organizzativa.
Il mondo del jazz italiano si strinse ancora una volta con le popolazioni colpite dal sisma con l’obiettivo di raccogliere fondi per la ricostruzione del Cinema Teatro “Garibaldi” di Amatrice.
A L’Aquila, con il titolo “Il jazz italiano per Amatrice”, si tenne solo il concerto serale sul grande palco dietro il quale spiccava il rosone della Basilica di Collemaggio, simbolo religioso e sociale della città. Nell’arco di due anni furono raccolti circa 100.000 euro e oggi il Teatro Polifunzionale di Amatrice è in costruzione per colmare il vuoto lasciato dal Cinema Teatro “Garibaldi”. Quella edizione “a metà” ci spinse a proseguire la manifestazione per 4 anni e a non abbandonare una città che molto ama il jazz italiano e nella quale ormai ci sentiamo a casa.
Oggi “Il jazz italiano per le terre del sisma” è diventato una manifestazione stabile e L’Aquila è stata investita del ruolo di Capitale del jazz italiano.
Ovviamente non abbiamo potuto raccontare nella sua interezza la ricchezza e la vitalità del nostro jazz né ricostruito con le nostre mani la città ma possiamo dire di avere ospitato in sei anni migliaia di musicisti italiani pur sapendo che qualcuno ancora non ha potuto dare il proprio contributo. Abbiamo creato il festival più straordinario e completo sul jazz italiano che il nostro Paese abbia mai avuto e un festival tra i più originali e coraggiosi del panorama europeo.
Soprattutto L’Aquila ci ha offerto l’opportunità di costruire l’altrettanto importante percorso per il nostro jazz. Da questa esperienza è nata il 13 febbraio del 2018 la Federazione Il Jazz Italiano (IJI) che da tre anni organizza la manifestazione e della quale fanno parte sei associazioni di categoria che rappresentano musicisti (MIDJ), festival e rassegne (I-JAZZ), Jazz Club (IJC), fotografi (AFIJ), etichette discografiche (ADEIDJ) e scuole (IJVAS).
Un percorso che oggi appartiene alla storia e che ha aperto molte porte nel rapporto con le Istituzioni oltre che con la SIAE e la Nuova IMAIE oggi in attento ascolto delle nostre istanze.
Con la nascita di IJI si sono susseguiti molti progetti di sistema che hanno messo in relazione tutto il jazz italiano e che hanno portato anche alla nascita di nuove realtà con la quale noi si vuole dialogare.
Oggi L’Aquila è cresciuta. Seppure il centro storico non sia totalmente ricostruito essa ha camminato assieme a noi nel sentiero della ricostruzione e di ciò andiamo fieri come siamo fieri di essere stati, e di essere ancora, con la Marcia Solidale che attraversa idealmente le quattro Regioni colpite dal sisma, negli altri centri in lenta ricostruzione.
La manifestazione cambia pelle e, seppure al tempo del Covid, diviene sempre più grande dribblando le difficoltà e affrontando la pandemia con responsabilità e coraggio. Lo scorso luglio, in occasione della conferenza stampa di presentazione della sesta edizione tenutasi presso il MiBACT, è stato formato un protocollo d’intesa tra Comune dell’Aquila e SIAE per la gestione di 300.000 euro in cinque anni per l’organizzazione della Manifestazione. Denari che erano stati dati dalla SIAE al capoluogo abruzzese nel 2009 per la ricostruzione del Conservatorio di Musica e che non erano stati mai spesi.
Oggi attendiamo la firma di un ulteriore protocollo tra L’Aquila e la Federazione IJI che passa la parte organizzativa e logistica all’associazione I-JAZZ anche attraverso un ulteriore strumento che sarà un’associazione composta da professionisti assieme al Comune e alla rappresentanza della stessa Federazione IJI.
Dal 2019 si è deciso anche di offrire un piccolo compenso per la direzione artistica che questo anno è passata da Paolo Fresu a Simone Graziano, Luciano Linzi e Ada Montellanico.
Sul palco dell’ultima edizione sono stati annunciati coloro che il prossimo anno cureranno la direzione artistica e che saranno Paolo Damiani, Rita Marcotulli e Alessandro Fedrigo, scelti dall’assemblea della Federazione IJI in rappresentanza del mondo dei curatori, dei musicisti e del premio “Nuove Direzioni” che ogni anno sarà assegnato a un direttore artistico italiano che si distingue per uno sguardo innovativo sulla programmazione artistica. Anch’essi percepiranno lo stesso compenso per un intenso anno di lavoro.
Ma oggi “Il Jazz Italiano per le terre del sisma” è molto di più di ciò che Paolo Fresu pensò allora. Sono Premi alla carriera per i protagonisti del jazz italiano, riconoscimenti per i giovani musicisti, corsi e laboratori per l’infanzia sia nelle scuole che all’esterno, spazi di jazz club con jam session serali, mostre, progetti fotografici e premi per giovani fotografi, riflessioni e approfondimenti oltre che la pubblicazione di quattro libri fotografici che raccontano ciò che è il nostro jazz odierno e che rimarranno come la più completa testimonianza del nostro presente.
Nel tentativo di fotografare ancora meglio la ricca vitalità del nostro jazz e per dire che esistiamo, che vogliamo crescere e che, soprattutto, vogliamo sentirci vivi attraverso la musica che amiamo. È questo il più grande regalo che possiamo farci e la lezione più bella da offrire ai giovani che si apprestano a diventare i musicisti del domani senza che si sentano più soli.
Per alcuni di noi quel sei settembre del 2015 fu la prima volta a L’Aquila. Per molti altri lo è stato comunque attraverso la musica. Perché ricostruire significa provare a comporre collettivamente una sinfonia infinita che richiede dedizione, passione e continua attenzione.
Una piccola sinfonia, la nostra, che abbiamo scritto allora e che è la sola per la quale siamo chiamati tuttora a rispondere facendo risuonare i luoghi feriti dal terribile terremoto del 2009. Per ascoltarci e per raccontare al mondo la creativa ricchezza, varietà e bellezza del jazz italiano.
Tutto ciò è accaduto per l’incessante impegno di tutti coloro che hanno creduto in questo sogno e spiace leggere, attraverso i social, le insinuazioni di alcuni su una gestione economica poco trasparente. Modalità tese a contrastare quel percorso che il jazz italiano ha fatto in questi anni con passione e sacrificio e che qualcuno (pochissimi per fortuna) non solo non vuole riconoscere ma vuole distruggere con modalità bieche e di basso livello.
Per quanto non sia necessario entrare nello specifico delle singole voci del bilancio di una realtà che gode di larga eco e stima nel mondo dei musicisti, nel pubblico degli appassionati e dei cittadini dell’Aquila, precisiamo che la manifestazione ha avuto a disposizione, per il 2020, un budget di 250.000 euro, in calce a questo documento e consultabile sulla pagina trasparenza amministrativa del portale ItaliaJazz.it al link: https://www.italiajazz.it/trasparenza.pdf
1. Tutti gli artisti hanno partecipato a titolo gratuito e con le sole spese pagate fino alla edizione del 2018. Dal 2019, senza eccezioni, percepiscono un compenso di 200 euro netti oltre alle spese sostenute
2. Le figure professionali che lavorano intorno all’organizzazione della manifestazione sono retribuite (segreterie, uffici stampa, tecnici, impianti audio e luci) seppure con compensi inferiori rispetto all’impegno e alle capacità professionale
3. Tutti i direttori artistici dei festival e delle rassegne che dirigono i palcoscenici partecipano a titolo gratuito e con il solo rimborso delle spese sostenute
4. Tutti i fotografi aderenti a AFIJ partecipano a titolo gratuito con il solo rimborso delle spese sostenute. Il contributo di 5.000 euro versato ad AFIJ nel 2019 ha coperto i costi della mostra dello scorso anno (costi produzione e stampa foto, allestimento, guardiania) e una borsa di studio e relativa mostra per giovani fotografi (con banner, locandina e ufficio stampa). Il contributo che sarà versato ad AFIJ nel 2020 (di circa 1.000 euro) coprirà i costi di documentazione dell’evento e la creazione di un archivio mirato. Per questo, nell’edizione 2020, sono stati dati specifici incarichi a fotografi per un compenso di 200 euro che tutti hanno deciso di devolvere alla stessa AFIJ.
5. Tutti i presentatori negli anni hanno partecipato sempre a titolo gratuito, salvo nel 2020 quando hanno percepito lo stesso trattamento degli artisti.
6. Il direttore artistico Paolo Fresu non ha mai percepito compenso e ha spesso pagato di tasca propria i suoi viaggi. Per l’edizione 2019 gli è stato riconosciuto un compenso lordo di 3.000 euro che ha interamente donato alla Federazione IJI. Nell’edizione 2019 ha devoluto alla Federazione IJI anche il suo compenso come artista e con lui sua moglie, che ha partecipato in qualità di musicista.
7. I direttori artistici della edizione 2020 hanno percepito un compenso lordo di 1.500 euro ciascuno.
8. I presidenti delle varie associazioni che coordinano la manifestazione non hanno mai percepito compensi e hanno spesso pagato di tasca i propri viaggi.
9. L’associazione IJVAS nel 2019 ha organizzato tutto il programma legato all’infanzia e alla scuola con progetti sviluppati nell’arco di tre giorni e per queste attività ha percepito la cifra lorda di 4500,00 euro che si riferiscono a compensi e spese per un numero di undici persone tra musicisti e didatti. Nel 2020, per altrettanti progetti sviluppati in quattro giornate laboratoriali, la cifra lorda comprensiva di compensi e spese è stata di 3700,00 euro per sette persone tra musicisti e didatti.
10. L’associazione IJC non ha percepito alcun compenso ma sono stati coperti dall’organizzazione tutti i costi del palco Jazz Club (allestimenti, tecnica, SIAE, musicisti con compenso standard) oltre ai costi di ospitalità dei soci IJC che hanno lavorato alla organizzazione dello spazio Jazz Club.
11. L’associazione Midj ha curato i primi quattro libri fotografici a titolo gratuito mentre l’organizzazione ha coperto i soli costi di grafica e stampa. Le vendite dei libri sono andate sul conto per la costruzione del Teatro Polifunzionale di Amatrice.
12. La Federazione IJI ha percepito nel 2019, per la supervisione e le attività generali connesse alla manifestazione, la cifra di 7.000 euro, ad oggi non ancora incassata. Cifra funzionale al sostentamento dell’attività annuale e di segreteria. Il bilancio annuale della Federazione IJI conta solo sulle quote sociali che equivalgono a 3.000 euro annui totali.
13. La Marcia Solidale, una settimana di concerti tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, ha avuto nel 2019 un consuntivo di 41.500 euro e per semplicità aggrega tutti i costi della manifestazione, oltre ai cachet degli artisti (tutti pagati indistintamente 200 euro netti per ciascuna performance, come per le giornate aquilane) anche altri costi necessari per l’organizzazione della Marcia Solidale, nello specifico: coordinamento del progetto, progettazione tracciato, segreteria iscrizioni, supporto transfert, alloggi e cene, pranzi al sacco, compenso guide autorizzate, noleggio pulmino per trasferimenti, carburante, vitto e alloggio staff, magliette, fotografo, videomaker (il cortometraggio al link sotto andrà probabilmente in onda entro il 2021 su RAI Cultura), braccialetti, assicurazione camminatori, addetto social media, tutte attività necessarie allo svolgimento di una manifestazione di particolare complessità. Nel 2020 il consuntivo, in corso di redazione, è allineato al 2019.
Le battaglie del jazz italiano, con relative vittorie o sconfitte, si fanno sul campo. La Federazione IJI e le associazioni che la formano hanno dimostrato in questi anni, con L’Aquila e non solo, di voler fare discutere il sistema e di voler agire, con dubbi ed errori nonché infinite gratificazioni e successi, per il bene comune e mai in maniera scorretta o poco trasparente.
Il tema etico è il cardine del pensiero federativo, affinché il futuro delle nostre vite e delle nostre attività sia sempre legiferato e scritto in maniera chiara producendo così i risultati tanto sperati.
Federazione Nazionale Il Jazz Italiano