Pubblicato il 29/08/2022
Ada Montellanico non ha certo bisogno di presentazioni, è una delle “signore del jazz italiano” che da anni, alla sua attività artistica, affianca un impegno a dir poco deciso (e decisivo) a sostegno del Sistema Jazz in Italia. Un impegno che le è valso l’appellativo di pasionaria. L’abbiamo raggiunta tra una tappa e l’altra di un lungo e appassionato tour di concerti, che per la prima volta la vede anche nelle vesti di presidente della Federazione nazionale Il Jazz italiano. Passaggio di consegne ricevuto pochi mesi fa dal precedente presidente, Paolo Fresu, e che arriva dopo gli anni alla guida di MIDJ, l’associazione dei musicisti italiani di jazz e di IJVAS Il Jazz va a scuola. Una pasionaria decisamente impegnata e con mille progetti in testa da trasformare in realtà, con tenacia e… cuore.
Andiamo per ordine in questa nostra chiacchierata, il 21 maggio 2022 sei diventata il presidente della Federazione nazionale Il Jazz Italiano dopo Paolo Fresu: cosa significa per te e cosa vedi in questo lungo percorso che comunque hai fatto come membro fondatore della Federazione?
E’ un grande onore aver ricevuto unanimemente un attestato di stima e di fiducia così forte innanzitutto da parte di Paolo Fresu, straordinario artista, grande ideatore e primo presidente della Federazione e da parte di tutto il direttivo attuale di IJI. Abbiamo condiviso assieme questi lunghi anni dalla fondazione di MIDJ, importante associazione che ho presieduto per i primi due mandati, la vera scintilla che ha messo in moto questo percorso che definirei rivoluzionario.
L’idea di creare una Federazione mi sembrava all’inizio molto azzardata, ma poi ho capito che la visionarietà di Paolo e il suo puntare sempre in alto era la mossa vincente. Ci sono voluti quattro anni e soprattutto la manifestazione del Jazzocene a Bologna per farci rendere conto di quanta strada abbiamo fatto tra mille difficoltà e molto scetticismo da parte anche del nostro stesso ambiente. Ma era la strada giusta per consolidare la crescita delle singole associazioni, costruendo un percorso comune e perseguendo un unico obiettivo: valorizzare e far riconoscere la valenza di una musica che ha acquisito in Italia una propria specifica forte identità, tanto da essere considerata ora, anche in ambito istituzionale, una eccellenza della cultura italiana.
Questo lo dobbiamo al grande lavoro di ogni associazione, ma soprattutto alla Federazione che oggi come oggi rappresenta un unicum nel panorama europeo, visto che non esiste oltralpe una realtà di rappresentanza così larga. Tuttavia, siamo consapevoli che nelle realtà estere l’attenzione al jazz e i supporti istituzionali sono certamente più forti; abbiamo ancora tanta strada da fare per allinearci agli standard europei.
Cosa significa per te aver affiancato questo percorso di responsabilità e lavoro anche a livello di politica culturale (non dimentichiamoci il tuo ruolo di vice presidente del Consiglio superiore dello spettacolo) alla tua professione artistica?
Ha significato molto ed è costato molti sacrifici. Lavorare per la musica è completamente diverso da lavorare con la musica. L’espressione artistica necessita di tempo, impegno, cuore e ideazione, qualità che nel percorso cosiddetto politico viaggiano su binari completamente diversi. Ci metto sempre tanto a rientrare nella musica con la libertà e la testa sgombra da tanti fattori che di artistico hanno ben poco. Ma con la maturità è riemersa la mia anima militante, quella dei miei 17 anni, quando ero molto impegnata politicamente. Oggi più che mai credo a un’idea diversa di società e credo in quello che faccio, con un ascolto sempre grande verso tutte le persone che stimo e che lavorano con me. Stiamo tracciando un percorso che non c’era mai stato. Non esistono manuali del perfetto presidente o della perfetta associazione, la nostra guida sono il senso etico, l’onestà, il dialogo, l’amore per il bene comune e la conoscenza del nostro mondo musicale, conoscenza ben acquisita dopo decenni che ci viviamo dentro con tutte le criticità che ben sappiamo.
Restiamo un attimo sul tuo ruolo all’interno del Consiglio superiore: quali battaglie sono state portate a termine e quali invece restano da fare?
Entrare quasi tre anni fa nel Consiglio superiore è stato per me molto destabilizzante perché ho dovuto apprendere meccanismi e acquisire delle competenze che non avevo. Nonostante la preoccupazione nel dover ricoprire un ruolo così prestigioso ho accettato l’invito da parte di Ninni Cutaia, allora alla guida della Direzione generale dello spettacolo, con il pensiero che fosse una carta importante da giocare per il jazz italiano e allo stesso tempo con il dubbio che se avessi rifiutato non avremmo avuto una rappresentanza della nostra musica in un organo istituzionale così importante. Ha prevalso quindi, come sempre mi accade, il senso di responsabilità e mi sono messa a studiare, entrando in meandri legislativi e normativi per me del tutto sconosciuti e astrusi, facendomi aiutare da chi ne sapeva più di me. E per questo vorrei ringraziare Gianni Pini, che è stato sempre molto disponibile e paziente.
A novembre scadrà il mandato e dopo quasi tre anni posso dire di essermi sempre spesa per la causa comune, non solo in nome della Federazione ma di tutto il nostro mondo musicale, conquistando la stima e l’ascolto del Direttore generale Parente, dei membri del Consiglio e del presidente Lucio Argano, che mi ha voluto come vice presidente e che è stata una guida straordinaria, da cui ho imparato tantissimo. Ho rappresentato con passione le richieste e le esigenze della nostra musica, dando voce anche alle istanze di noi lavoratori, e cioè i musicisti. Oltre all’accoglimento dei Centri di produzione, ho chiesto e ottenuto l’introduzione tra gli indicatori dei punteggi per la valutazione di soggetti da finanziare, l’attenzione a due importanti fattori: parità di genere e sostenibilità ambientale. Mi auguro dopo il mio mandato possa subentrare una nuova persona in rappresentanza del jazz e che possa continuare il percorso meglio di me.
Hai salutato l’approvazione dei neonati Centri di produzione musica con grande entusiasmo: molto è stato anche merito del tuo grande lavoro, quali prospettive vedi con queste nuove realtà di creazione e produzione?
Sono veramente molto orgogliosa di questo risultato, mi sono spesa tanto nelle varie sedute per spiegare quanto fosse importante aprire questo nuovo capitolo per la musica che prima non esisteva. Sarebbe stato impossibile introdurre questa innovazione nel Dm se non fosse arrivata la proposta da parte di un organo istituzionale come il Consiglio superiore. Altra mia proposta è stata quella di passare da 1500 a 1000 giornate lavorative, era impossibile pensare che una novità di questa portata, tutta da costruire da zero potesse in così breve tempo sostenere questi numeri, e sono molto contenta e riconoscente verso il direttore Parente, il presidente Argano e tutti i consiglieri per aver accolto la richiesta di interpretare questi primi tre anni come una vera startup dei Centri, per poi allinearci su normali parametri dopo il primo triennio.
Parlando da musicista credo fortemente in ciò che i Centri potranno rappresentare per l’innovazione del linguaggio e per la ricerca artistica. Devono essere un laboratorio e luogo di incontro e di residenze, devono dar vita a progetti originali svincolati da criteri legati al numero degli spettatori, devono avere quel carattere di libertà che solo la ricerca artistica sa avere. E mi auguro diano spazio a molto artisti straordinari, non necessariamente giovani, che hanno idee forti e capacità progettuale e che spesso rimangono inascoltati.
Parliamo della tua musica: quali progetti hai in corso d’opera e con quali sei stata in tour questa estate e quali invece sono le novità per il tuo futuro artistico?
Evviva!! 😊)
Innanzitutto c’è il mio ultimo progetto discografico WeTuba con Michel Godard, Simone Graziano, Francesco Ponticelli e Bernardo Guerra, ospite Paolo Fresu, un progetto a cui tengo molto perché mi ha aperto una strada compositiva e interpretativa avvincente e molto nuova rispetto al passato. Abbiamo lavorato molto nell’anno in corso e mi auguro continueremo con lo stesso entusiasmo. Questa estate finalmente sembra ci sia stata una ripresa reale e ho lavorato abbastanza anche con i miei progetti storici, tra cui l’omaggio a Billie Holiday, Abbey’s Road, Tencology, il duo con Andrea Molinari e un progetto nuovo con il quartetto di sassofoni Ialsax capitanato dal mitico Gianni Oddi. E’ un progetto molto originale, voce e quattro sassofoni, con brani arrangiati appositamente per noi. Mi avvince sempre la ricerca di un particolare sound di gruppo, scegliendo organici inusuali come questo. E’ in cantiere un nuovo progetto molto ambizioso di cui posso solo anticipare che sarà con la stessa formazione pianoless di Abbey’s Road, anche questa molto innovativa. Amo sfidarmi in progetti nuovi che mi portano in zone sconosciute da cui ho sempre tanto da imparare.
Ultima domanda: qual è lo stato di salute del jazz italiano a tuo avviso?
Direi ottima dal punto di vista creativo e progettuale! Usciamo (spero in maniera definitiva!) dal periodo buio del Covid che ha messo a dura prova tutto il nostro settore. Molto musicisti hanno abbandonato, c’è ancora molto difficoltà a promuoversi, a trovare spazi per esprimerci. La Federazione potrà fare molto per far dialogare maggiormente i direttori artistici e il mondo degli artisti. Dobbiamo uscire da logiche che non ci appartengono e che sono quelle del mercato, c’è bisogno di rischiare di più in entrambi i settori. Serve avere maggiore curiosità e una predisposizione all’ascolto verso proposte diverse non necessariamente di artisti famosi, né solo delle nuove generazioni, che ovviamente hanno necessità di grande supporto rappresentando il futuro della nostra musica.
Come Federazione abbiamo fatto tanto e tanto ancora dovremo fare per acquisire strumenti necessari e risorse utili per sostenere il sistema e per creare nuovi progetti. Finalmente anche noi musicisti italiani avremo dei supporti per esportare e far conoscere la nostra musica e si è aperto un Export Office su cui l’azione di MIDJ in questi anni è stata fondamentale, come fondamentale è la prospettiva, che mi auguro si realizzerà a breve, di un vero showcasing per il jazz italiano su cui abbiamo tanto lavorato come Federazione. Ci siamo impegnati moltissimo per il welfare degli artisti, e per i principi di cui dovranno essere portatori i decreti attuativi del nuovo codice dello spettacolo. Ora però si apre una grande incognita che sono le elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Mi auguro non dovremo ricominciare tutto da capo perché sarebbe amareggiante oltre che estenuante. Ma comunque vada, noi continueremo indefessi per il nostro percorso.
Foto di Paolo Sorani