Pubblicato il 12/11/2019
I jazz club costituiscono un tessuto importante, in Italia, per tutto il settore della musica jazz dal vivo, grazie a quell’immediatezza, intensità e forza che rendono unico il loro lavoro. All’inizio del 2018 si è costituita l’associazione Italia Jazz Club con l’obiettivo di raccogliere e rappresentare la voce dei tanti programmatori italiani. IJC “nasce dalla presa di coscienza da parte di tantissimi operatori del settore che è giunto il momento di fare un importante scatto di qualità, di affermare con decisione e convinzione il valore artistico, culturale e sociale della fruizione della musica dal vivo nei club”: così Giovanni Serrazanetti, presidente dell’associazione, raccontò allora quello scatto, quel cambio di passo. A distanza di quasi due anni lo abbiamo incontrato per discutere con lui di cosa è cambiato nella vita associativa, ma anche del lavoro che sta svolgendo e che svolge ormai da oltre 30 anni alla Cantina Bentivoglio, vero e proprio faro per tutti gli appassionati di jazz in Italia.
Giovanni, l’associazione dei jazz club italiani si è costituita da quasi due anni: in quale direzione state lavorando?
“L’Associazione Italia Jazz Club raccoglie oggi oltre 20 tra i migliori jazz club della penisola; ho l’onore di presiederla dalla nascita poco meno di due anni fa e sto impostando il mio lavoro su tre direttrici. La prima è l’affermazione costante e tenace del valore dell’esperienza musicale nei club, luoghi intimi e piccoli dove, come mi piace dire sempre, “pubblico e musicisti letteralmente sudano insieme”; dove non c’è separazione tra chi suona e chi ascolta, dove il pubblico non assiste a un concerto ma partecipa direttamente all’atto creativo che si sviluppa e alla musica che si suona. Un’esperienza diversa e altra da quella della ritualità del teatro, un’esperienza che deve essere aiutata e valorizzata.
La seconda è un confronto incalzante con le istituzioni, in particolare la SIAE e il Mibact, ma non solo, per portare avanti e far sentire in ogni sede la voce dei club e cercare di risolvere le tante problematiche che affliggono la categoria.
La terza è portare avanti forme di collaborazione con le altre Associazioni che rappresentano gli altri soggetti che operano nel mondo del jazz. Tutte queste associazioni sono confluite nelle Federazione Il Jazz Italiano (IJI) presieduta da Paolo Fresu, e il dialogo sempre più fitto tra tutte queste realtà sta producendo frutti anche solo ieri impensabili. Uno fra tutti la collaborazione con l’associazione che si occupa di didattica: Il Jazz va A Scuola (IJVAS) che semina frutti di crescita nel jazz tra le nuove generazioni”.
Parliamo però anche della Cantina Bentivoglio che da oltre 30 anni è un simbolo del jazz in Italia: quanto pesa tutta questa storia per te?
“La vita della Cantina Bentivoglio e in particolare la sua vita musicale sono state la mia costante preoccupazione e la mia professione per oltre 30 anni. Mi chiedi se è stato un peso… non posso che dirti di no. Il mio mestiere, che esce da una passione e da una vocazione da cui ci si può solo lasciar scegliere, mi ha segnato profondamente, mi ha portato a volte ad assaporare il gusto amaro della disperazione, ma spesso mi ha dato momenti di felicità intensa. Di fatto rifarei ogni cosa che ho fatto, e se mi fosse dato ripercorrerei lo stesso cammino, solo magari cercando di correggere gli errori più macroscopici. Quindi no, non mi pesano questi 30 anni, anzi mi sollevano, mi danno energia e swing e mi rendono pronto a percorrere i prossimi 30!!”.
Cosa è cambiato dal 1987 ad ora e quali sono stati, a tuo avviso, i passaggi significativi?
“Rispetto alla fine degli anni ’80 quello che è cambiato è certamente il quadro socioeconomico nel quale ci troviamo a vivere. Fino agli inizi degli anni 2000 abbiamo goduto di grande prosperità, magari costruita su bolle di sapone, ma c’era e che si toccava con mano. Questo rendeva tutto più facile. Oggi la crisi economica in cui ci dibattiamo rende ogni cosa più difficile e complicata, è diventato più difficile anche capire cosa succede attorno a noi, un attorno che è diventato molto, forse troppo rapidamente, di dimensioni globali. Il jazz è musica profondamente calata nel contemporaneo e sente queste incertezze e queste difficoltà e le trasforma in atti di poesia, e in questo cresce e si evolve e cambia, allontanandosi lentamente sempre più dalla tradizione, dalle proprie radici. Dovrebbe stare a noi saper cogliere all’interno di questo continuo cambiamento i momenti di bellezza e per questi batterci, dando loro visibilità e voce, riconoscendo loro l’importanza che l’arte e la poesia hanno sempre avuto in ogni momento della storia di ogni civiltà. Questo poi dà a noi stessi la forza di lottare con tenacia e determinazione per superare ogni difficoltà”.
In programma avete musicisti italiani, affermati e giovani talenti, e grandi nomi del jazz internazionale: come lavorate sulla scelta artistica?
“La nostra scelta artistica si muove su diversi binari, sul piano ‘quotidiano’ diamo voce alle migliori espressioni del jazz del nostro territorio, che è per fortuna molto ricco sia di ottimi talenti giovanili, sia di consolidate figure di notevole spessore artistico. C’è poi una programmazione speciale, con una cadenza più o meno settimanale, nella quale organizziamo e curiamo continue rassegne tematiche, a volte dedicate alla migliore tradizione, ospitando grandi nomi del panorama internazionale, oppure centrate sulle proposte sempre più interessanti di quella che io chiamo la via italiana nel jazz. E in questo caso protagonisti sono musicisti più noti o meno noti del panorama nazionale: sono quei bagliori di poesia contemporanea di cui parlavo prima, che ritengo molto importanti e dei quali la Cantina Bentivoglio è diventata nel tempo una vera e propria casa a Bologna”.
La domanda di rito: qual è lo stato di salute del jazz italiano, secondo te?
“Il jazz italiano gode di buona salute, se non altro perché sta uscendo finalmente dalle cantine e sta alzando la testa con orgoglio e consapevolezza delle proprie qualità e meriti. Tanto è ancora da fare e tanti problemi sono ancora da risolvere, il sentiero è ancora lungo e la situazione attuale è lontano dall’essere rosea, ma il cammino che abbiamo intrapreso creando le associazioni e la Federazione è un segno forte del fatto che i tempi stanno cambiando, e poi c’è tanta buona volontà e soprattutto…. tanto swing!!”.
Scopri il programma della Cantina Bentivoglio: https://www.cantinabentivoglio.it/
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