Pubblicato il 19/02/2021
Continuano le interviste del presidente dell’associazione I-Jazz, Corrado Beldì, ai direttori artistici delle 65 realtà che animano la rete nazionale; interviste che diventano racconti, storie, esperienze degli organizzatori e dei promoter che hanno contribuito e contribuiscono alla crescita e alla promozione del jazz in Italia. La nuova tappa di questo percorso che si snoda lungo tutta l’Italia si ferma a Firenze, alla sede di Music Pool, dove il suo ideatore e presidente, Gianni Pini, vero punto di riferimento nel settore dello spettacolo dal vivo, ci parla del suo lavoro in tutta la Toscana e delle nuove generazioni dei musicisti, del pubblico della musica jazz e di quanto sia necessario fare rete, anche a livello locale, per far crescere l’intero sistema.
Ci racconti come nasce Music Pool?
“La Toscana è una regione da sempre molto attiva dal punto di vista musicale e, come in gran parte d’Italia, i nuovi soggetti di musica jazz si raccoglievano intorno all’Arci. Era la metà degli anni ‘80: mettendo insieme Firenze (in cui operava il CAM, Andrea del Sarto), Pisa, di cui ricordiamo la fantastica stagione del Festival Internazionale e il lavoro del CRIM) e Siena Jazz (che allora muoveva i primi passi) nacque l’idea di fare qualcosa tutti insieme. Il nome iniziale, Toscana Jazz Pool, preludeva a un ambizioso progetto di produzione originale: 10 giovani musicisti toscani, per una stagione, lavoravano con uno dei big internazionali per prove arrangiamenti e tour. Tra i nomi coinvolti John Taylor, Kenny Wheeler, David Murray, Dave Holland. Insieme riuscimmo a ottenere – per la prima volta – un contributo dalla Regione”.
Quali sono state le tappe più importanti di questi anni?
“Music Pool ha poi continuato a operare come un importante punto di riferimento per tanti soggetti attivi nel campo del jazz e della musica popolare e anche per tanti musicisti che hanno mosso i primi passi nelle rassegne e con i progetti di Music Pool attivi in tutta la Toscana. Con la nascita di Network Sonoro e la collaborazione con Musicus Concentus si arriva all’assetto attuale con un ruolo di peso nella programmazione musicale toscana e tra i soggetti nazionali”.
Avete una lunga storia di collaborazione territoriale, ce ne parli?
“L’idea di una collaborazione parte sempre dalla considerazione che ci sono cose che insieme si possono fare meglio. Nel corso degli anni si è arrivati a un forte radicamento in tutta la regione. La minore disponibilità di risorse (soprattutto a livello comunale) ha fatto si che negli ultimi anni la programmazione si sia concentrata di più sui punti che hanno dimostrato migliore capacità di crescita. Ci sono però le condizioni per poter crescere ulteriormente facendo forza su nuove energie e nuovi soggetti. A fianco delle convenzioni con le amministrazioni comunali si è provveduto a valorizzare i vari soggetti che operano su ogni territorio facendone parte integrante del progetto. Nel programma di sala di Network Sonoro sono usualmente citati almeno 50 soggetti a stagione che, in forme diverse, portano il loro contributo”.
Ci racconti come nasce il Grey Cat festival e su cosa state lavorando per il 2021?
“Dal 1990 all’attività di Music Pool si aggiunge Grey Cat, un festival che aveva già 10 anni di storia e che necessitava di un partner più strutturato. Anche Grey Cat porta con sé un forte radicamento sul territorio (partecipano 10 diverse amministrazioni comunali) con la collaborazione della scuola di musica di Follonica e tanti altri soggetti. Stefano Cantini, che ne è il direttore artistico, oltre che uno dei più conosciuti musicisti italiani, è da sempre punto di riferimento per tanti progetti sul suo territorio. Difficile ad oggi capire come ce la caveremo nel 2021: non conosciamo ancora le modalità di apertura degli spazi. Speriamo di poter contare sugli artisti internazionali e su capienze più favorevoli. Nel 2020 è stata veramente dura ma possiamo dire di avercela fatta egregiamente. Ogni anno il festival presenta almeno un progetto originale, c’è un ampio spazio dedicato ai giovani artisti (coinvolgendo Nuova Generazione Jazz), una crescente attenzione al rapporto con uno dei territori più belli d’Italia (i musei, l’archeologia, i prodotti del territorio, le visite guidate ai luoghi – mai banali – più tante altre idee in cantiere)”.
Come sta cambiando secondo te il pubblico del jazz?
“E’ uno dei principali interrogativi. Da un lato abbiamo un pubblico più tradizionale che segue con passione i protagonisti della storia del jazz. Fortunatamente negli ultimi anni sta crescendo una fascia di nuovi artisti che stanno, seppur faticosamente, iniziando a rinnovare il pubblico. E’ un processo che va seguito e su cui dobbiamo assolutamente investire. Del resto gli artisti più giovani portano anche idee diverse e non sempre si muovono rispettando gli stilemi classici del jazz. Il funk, l’elettronica, l’r&b, la musica popolare sono terreni interessanti che stanno portando nuova identità, in una concezione – se possibile – ancora più ampia. Da non trascurare infine che l’emergenza Coronavirus sta portando un diverso approccio al tema della produzione multimediale. Il pieno ritorno al live supererà in parte questo argomento ma non del tutto e il tema dei contenuti digitali sarà uno dei temi del nostro prossimo futuro, anche dal punto di vista artistico”.
Music Pool è un bel riferimento per i giovani musicisti toscani, quali progettualità avete avviato per sostenere i musicisti locali?
“A parte la partecipazione a Nuova Generazione Jazz, in linea di massima in ogni manifestazione cerchiamo di inserire un gruppo under 35 con posizione di rilievo nel cartellone. E’ una politica che sta dando frutti positivi perché vediamo crescere – e la nostra regione sta dando un importante contributo – una generazione di nuovi artisti verso i quali, come già è avvenuto dagli anni ‘80, le porte saranno sempre aperte. E’ importante constatare che le nostre manifestazioni sono da sempre il punto di riferimento per presentare nuovi lavori e progetti”.
Una nuova idea progettuale su cui dovrebbe concentrarsi, a tuo avviso, I-Jazz?
“Tra le sfide del futuro penso alla crescita – anche di consapevolezza – dell’importanza della attività di produzione. Abbiamo già iniziato una discussione, c’è una bella idea legata ai “centri” come luoghi vivaci in cui si possa dare maggiore vitalità alla creazione, anche in forma più libera. Potrebbe essere una delle priorità per il prossimo futuro, costruendo un sistema più articolato e più forte utilizzando meglio le varie opportunità, con festival, stagioni musicali, luoghi formativi, nuove occasioni di produzione e attività di promozione utilizzando al meglio le potenzialità della rete costituita dai vari di soggetti, vera innovazione introdotta dalla azione di I-Jazz. Da non trascurare infine le novità “di sistema” che potranno verificarsi come conseguenza della estensione del numero di soggetti finanziati dal Fus ed anche dalla disponibilità di risorse attraverso specifici bandi che però – per dare i frutti necessari – hanno necessità di non rimanere occasioni episodiche ma di strutturarsi. Del resto I-Jazz lo ha sostenuto dal primo momento: costruire in Italia un sistema del jazz più forte, sul modello di quanto già avviene nella maggioranza degli stati europei”.
Quali azioni dovremmo fare per portare più musicisti italiani nel mondo?
“L’assenza italiana sul tema dell’export è un argomento che da sempre contestiamo. Siamo purtroppo indietro anche per utilizzare al meglio le opportunità dei bandi europei nonostante la nostra presenza in una struttura prestigiosa come Europe Jazz Network. Vedo comunque un grande attivismo dei musicisti, soprattutto dei più giovani, più abili a utilizzare le potenzialità del web per stabilire contatti e relazioni superando ogni barriera”.
Ph: Paolo Soriani