Pubblicato il 16/12/2020
Dopo una special edition estiva e un festival riprogrammato totalmente in novembre in streaming, Enrico Moccia, direttore artistico di Fara Music, si dimostra ancora una volta un giovane organizzatore e promoter attento e pronto a cogliere le sfide che questa ultima stagione ha imposto a tutte le associazioni attive in Italia. Il presidente di I-Jazz, Corrado Beldì, lo ha intervistato per la propria rubrica settimanale, parlando con lui della storia di Fara Music, della vita da discografico e, soprattutto, di musica.
Partiamo dalla ripartenza: Fara ha realizzato il programma estivo, come è andata?
“Sì, una Special Edition, il Sabina Music Summer, nelle dimore storiche di Farfa e Casperia, due splendidi borghi in provincia di Rieti. 6 serate sold out, con un pubblico felice di poter assistere ai concerti in cartellone, in agosto infatti, eravamo già in pochi a proporre una programmazione live.
Il programma estivo del Fara Music Festival posticipato a Novembre nei Teatri è stato organizzato totalmente in diretta streaming. Purtroppo le ultime disposizioni ci hanno obbligato a rimodulare il programma questa volta in assenza di pubblico. 18 concerti con artisti che rappresentano il Jazz italiano in tutto il Mondo come Danilo Rea, Rita Marcotulli, Luca Aquino, Fabio Zeppetella, Dario Deidda. Molto spazio è stato dato anche ai progetti capitanati da musicisti Under 35 come da tradizione del Fara Music. E’ stato complesso ma abbiamo avuto grandi risultati”.
Cosa state preparando per la Special Edition 2021?
“Torneremo sui palchi all’aperto tra i borghi di Fara in Sabina e dell’Abbazia di Farfa. Il programma prevede la formula abituale del Fara Music, ovvero i concerti durante la sera e le Summer School, che in questo 2020 sono saltate a causa della pandemia. Torneremo a proporre concerti lontano dalle grandi città, nella nostra Provincia, e nei borghi dove è nato il Festival”.
Raccontaci qualcosa della storia del festival: quando e perché nasce Fara Music?
“Il Festival nasce nel 2007 con l’esigenza di rivitalizzare il piccolo borgo di Fara in Sabina, con poco più di 200 residenti all’anagrafe. Il programma prevedeva concerti Jazz e seminari di musica moderna. Operazione piuttosto rischiosa per una realtà di provincia come la nostra. Si iscrissero 50 studenti da tutta Italia che frequentarono i seminari per un’intera settimana, soggiornarono nel borgo, trasformando Fara in Sabina in una piccola cittadella della musica. I concerti furono seguiti da un nutrito pubblico proveniente dalle diverse provincie del Lazio. Insomma un risultato convincente che ci diede la spinta a continuare”.
Come si coniugano le attività concertistiche con la tua attività di studio ed etichetta?
“Dal 2012 la Emme Record Label produce il vincitore del Premio Fara Music Jazz Live. Ospitiamo nel nostro studio la band più votata all’interno del Concorso estivo, e diamo la possibilità di realizzare il loro album d’esordio all’interno del catalogo della nostra etichetta”.
Rispetto all’etichetta, che situazione c’è oggi, quali le tue attuali strategie e quali prospettive?
“Stiamo attraversando una fase di grande incertezza dal punto di vista discografico, il blocco della musica dal vivo si sta ripercuotendo anche sulle produzioni indipendenti. Proseguono le nostre produzioni in studio di registrazione al fianco di alcuni musicisti. Nei prossimi mesi usciranno 4 progetti su cui stiamo lavorando, con la speranza che in primavera tornino i live nei club e nei Festival Jazz”.
Ci racconti una grande soddisfazione e un grande rimpianto di questi anni di attività?
“Devo dirti che per mia fortuna le soddisfazioni sono sicuramente superiori ai rimpianti. Aver creato un Festival nel borgo in cui sono nato e cresciuto mi riempie di orgoglio. Ho anche molte cose che vorrei ancora portare a termine, se non dovessi riuscirci diverranno dei fallimenti”.
Ci descrivi una immagine o una fotografia a cui sei molto legato?
“Non sarei quello che sono se non fossi cresciuto in Sabina. Le immagini a cui sono maggiormente legato mi ritraggono quasi sempre nei luoghi dove sono cresciuto. Gli stessi luoghi dove giocavo da bambino sono quelli in cui sono immortalato al fianco di miei miti come John Scofield, Yellow Jackets, Roy Hargrove”.
Ci racconti il tuo ruolo nella Marcia Solidale e come sono andate le cose quest’anno?
“Mi sono occupato della realizzazione dei concerti ad Amatrice e Accumoli, altre due realtà a cui sono molto legato proprio per la vicinanza con Fara in Sabina. Dare l’opportunità ai partecipanti di attraversare le quattro regioni colpite dal Sisma nell’arco di una settimana è uno degli obiettivi della Marcia Solidale. Per mia sfortuna non riesco a percorrere le differenti tappe, noi accogliamo i partecipanti nei luoghi dove teniamo i concerti. Nei loro sguardi, al termine di ogni tappa, dopo una giornata passata a camminare, si percepiscono una miriade di emozioni. Anche quest’anno è stata una splendida esperienza”.
Che attività prevedi di portare avanti ad Amatrice, nelle zone colpite dal sisma?
“Siamo in attesa che sia terminato il centro polifunzionale, realizzato anche con i fondi del Jazz italiano. Mi piacerebbe proporre un format che realizziamo da anni durante il Fara Music Festival, coinvolgendo gli studenti delle scuole con dei seminari concerto. In questo modo la funzione didattica si fonde con la performance musicale. Una formula di sicuro successo, in grado di coinvolgere anche i giovanissimi”.
Ci racconti un socio I-Jazz che ti piace per la sua programmazione?
“Sono molti tra i soci di I-Jazz che meriterebbero di essere citati. Mi piace chi sperimenta, chi da spazio ai più giovani, ma devo dire che ognuno di noi sa cosa vuole il proprio pubblico. Ognuno ha una propria linea artistica”.
Ci segnali tre nomi interessanti nel panorama del giovane jazz italiano?
“Se hai tempo te ne segnalerei almeno 30. Ci sono quei 5, 6 giovani che sono molto considerati dalla critica e dai promoters, e poi ce ne sono davvero tanti altri che purtroppo non hanno la stessa visibilità ma ti assicuro lo stesso talento”.
Quali azioni dovremmo fare, a tuo avviso, per portare più musicisti italiani nel mondo?
“I Paesi che lo fanno bene e da tempo hanno alle loro spalle Enti pubblici e privati che finanziano i loro giovani, spesso anche pagando i Fee e non solo le spese. Sicuramente la nostra rete potrebbe incentivare la presenza dei più giovani nei propri cartelloni. Qualcosa si sta muovendo negli ultimi anni, certo per arrivare ai risultati di altre realtà europea ci vorrà tempo e denaro”.
Una nuova idea progettuale su cui, secondo te, dovrebbe concentrarsi I-Jazz?
“Ogni Festival dovrebbe realizzare una residenza artistica con i più giovani, terminata la fase artistica queste nuove produzioni dovrebbero essere ospitate all’interno della nostra rete. Se ognuno di noi potesse investire del denaro su un singolo progetto daremmo una grande opportunità ai nostri talenti, creando opere inedite e avendo un ritorno d’immagine notevole. A girare infatti sarebbe il nome del Festival oltre a quello degli artisti”.
Se il Ministro Franceschini ti dicesse “posso esaudire un tuo desiderio”, cosa gli chiederesti?
“Ne ho troppi, ma almeno quello di riaprire i Teatri, e gli spazi della Musica dal vivo, glie lo chiederei”.