Pubblicato il 30/11/2020
Continuano le interviste del presidente di I-Jazz, Corrado Beldì, per raccontare cosa avviene nel panorama dei festival e delle rassegne di jazz associate alla rete nazionale, per dare volto e voce alle anime che la compongono. Questa settimana Beldì ha raggiunto il nuovo socio Alfredo Iaia, direttore artistico di Francavilla è Jazz, rassegna relativamente giovane ma già un punto di riferimento stabile e virtuoso nel panorama delle manifestazioni pugliesi.
Raccontaci della storia di Francavilla è Jazz, quando e perché nasce il vostro festival?
“L’idea embrionale del Francavilla è Jazz nasce nel 2012, tra un bicchiere di vino e un piatto di orecchiette, al tavolo dell’osteria Quattro venti, nel tarantino, durante un concerto jazz nel quale si esibivano validissimi jazzisti pugliesi. Nell’occasione era presente una mia amica, all’epoca responsabile del Laboratorio Urbano di Francavilla Fontana, che mi riferì di essere in procinto di organizzare alcuni eventi nella mia città nell’ambito di Città estate con i finanziamenti regionali del progetto “bollenti spiriti” di vendoliana memoria. Colsi al balzo l’opportunità e le proposi di inserire nel cartellone alcuni concerti jazz sotto la mia direzione artistica. L’idea fu accolta con entusiasmo e così realizzai, con un buon consenso di pubblico e critica, due edizioni di Aperti per ferie jazz. Già in questo primo periodo emergeva forte l’obiettivo di portare i live di jazz in un territorio caratterizzato da una forte penuria di eventi culturali di qualità. L’iniziativa piacque al comune di Francavilla Fontana che nel 2014 sposò l’idea di creare una rassegna stabile affidandomi la direzione artistica del festival che venne denominato appunto Francavilla è Jazz”.
Come vi siete sviluppati nel corso degli anni?
“La sfida inizialmente appariva ardua ma passo dopo passo il festival iniziò a decollare. Mi sono da subito circondato di validissimi e instancabili collaboratori tra cui Roberto Passaro, musicista ed esperto jazzofilo, e il giovane Stefano Dentice, giornalista freelance a cui ho assegnato il ruolo di addetto stampa. Intorno a questo staff è poi sorta l’Associazione che vede il coinvolgimento di tanti appassionati jazzofili e che da qualche anno organizza in piena autonomia il festival con il supporto del comune di Francavilla Fontana e di alcuni illuminati sponsor privati. Il festival si è sempre caratterizzato per alcune costanti: l’intento divulgativo della musica jazz, la valorizzazione del territorio e del contesto storico-ambientale, il rispetto della professionalità dei musicisti e, soprattutto la grande qualità degli eventi. Nel tempo il festival si è consolidato ed è cresciuto sia in termini di partecipazione sia in termini di radicamento divenendo un punto di riferimento regionale, non solo per tutti gli appassionati jazzofili, ma anche per tanti che, anche grazie alla gratuità dei concerti, si sono avvicinati alla musica jazz”.
Il vostro ingresso in I-Jazz rinforza la già nutrita pattuglia pugliese, avete forme di collaborazione con altri festival del territorio?
“La Puglia negli ultimi anni è divenuta teatro di festival e rassegne jazz di elevata qualità e di grande interesse con ricadute importanti per il territorio. Sarebbe auspicabile la creazione di una rete di rapporti tra festival che ad oggi non si è ancora consolidata e che punti a forme di collaborazione sia di natura artistica che organizzativa. Credo che I-Jazz, in tal senso, possa svolgere un’importante funzione di raccordo”.
Ci dici un esempio di collaborazione con gli altri festival pugliesi?
“Mi piace ricordare un episodio avvenuto tre anni fa quando la realizzazione del nostro festival fu messa in forse a causa dei ritardi nella concessione dei finanziamenti da parte dell’amministrazione comunale. In quell’occasione vi fu una levata di scudi straordinaria. Tanti musicisti pugliesi si resero disponibili a suonare al festival gratuitamente pur di salvare l’evento. Un gesto di grande solidarietà che ho apprezzato moltissimo. Tra tutti voglio ricordare l’autorevole intervento sui social di Roberto Ottaviano, punto di riferimento non solo artistico ma culturale per tutti noi”.
Ci puoi raccontare quale orientamento musicale privilegi nella scelta degli artisti invitati al vostro festival?
“Uno dei punti cardine che privilegio nella scelta degli artisti è il loro reale radicamento nella tradizione jazzistica sia pure in forme moderne. Confesso di non amare gli eccessivi sconfinamenti che snaturano il progetto musicale e lo portano fuori dall’alveo delle radici jazzistiche. Van bene le contaminazioni ma non avulse dal legame con la tradizione jazzistica. Nel Francavilla è Jazz c’è sempre stato spazio e ci sarà in futuro per il mainstream di qualità, come per progetti originali comunque ancorati al solco jazzistico. Altro elemento caratterizzante nella scelta è l’equilibrio della proposta musicale complessiva che non deve essere ripetitiva, ma offrire un ventaglio eterogeneo di progetti che possano coinvolgere le diverse sensibilità musicali del pubblico. Non sono un musicista, né un professionista degli eventi, sono un appassionato jazzofilo che ama da sempre il jazz. Credo che questo sia per me un vantaggio e mi rende più libero nelle scelte”.
In questi anni hai notato un cambiamento nel pubblico e come pensi che il festival si possa evolvere per rispondere a questi fenomeni?
“Negli anni ho rilevato con grande soddisfazione una progressiva fidelizzazione del pubblico del Francavilla è Jazz. Questo mi ha consentito nel tempo anche di intessere rapporti umani e culturali di grande interesse e di avvicinare all’Associazione nuove risorse umane. La gratuità dei concerti ha consentito, inoltre, di avvicinare al festival anche molti giovani che non conoscevano il jazz. E’ indubbio, comunque, che in linea generale vi sia un invecchiamento del pubblico che partecipa ai concerti jazz e che vi sia la necessità per noi associazioni di incentivare e promuovere iniziative didattiche e concerti all’interno delle scuole diretti al coinvolgimento dei giovani. Qualcosa è stata fatta in questa direzione ma è necessario, a partire dalla nostra associazione, fare ancora di più”.
Ci racconti un concerto indimenticabile tra quelli che hai organizzato in questi anni?
“È difficile scegliere un concerto tra i tanti realizzati con artisti di caratura nazionale e internazionale. Senza far torto a nessuno preferisco scegliere una emozione, quella suscitatami da Enrico Pierannunzi in un memorabile concerto in solo di qualche anno fa. Serata settembrina di pioggerellina fastidiosa, corto circuito all’impianto, panico tra noi organizzatori. Enrico, senza fare una piega, suonò in acustica per metà concerto, trasportandoci nel suo raffinato mondo musicale con una eleganza e raffinatezza unica, così come solo i grandi sanno fare”.
E un sogno nel cassetto per il futuro di Francavilla è Jazz?
“I sogni nel cassetto sono tanti. Tra questi vi è certamente quello di realizzare appena possibile una rassegna winter che sia stabile nonché quello di dedicare un’apposita sezione del festival alle nuove generazioni di musicisti emergenti anche in sinergia con le produzioni musicali sul territorio e la rete delle associazioni I-Jazz. In ultimo penso già a una edizione speciale per il decennale del festival con la creazione di eventi collaterali ai concerti e il coinvolgimento di tutta la città”.
Puoi menzionare un socio di I-Jazz che ti piace per la sua programmazione?
“Ci sono tantissimi festival della rete I-Jazz che apprezzo moltissimo per la loro programmazione. Tra questi voglio scegliere il Peperoncino Jazz Festival di Sergio Gimigliano, un festival del sud che ha ormai raggiunto uno standard altissimo di qualità sia in termini artistici che di capacità di coinvolgimento e di valorizzazione di tutto il territorio regionale calabrese”.
Ci puoi fare tre nomi interessanti nel panorama del giovane jazz italiano?
“La Puglia è una fucina di giovani talenti che hanno già maturato sul campo la giusta dose di esperienza per misurarsi in progetti più ampi e ambiziosi. Tra questi voglio segnalare il bravissimo contrabbassista leccese Luca Alemanno, già noto per la sua sopraffina tecnica e intensità, il chitarrista barese Fabrizio Savino, musicista dotato di grande tecnica e originalità, e il pianista e compositore Donatello D’Attoma, già autore di progetti artistici coinvolgenti e appassionati”.
Quali azioni dovremmo dare per portare più musicisti italiani nel mondo?
“Ritengo che il jazz italiano sia indubbiamente poco considerato nel panorama jazz internazionale. Abbiamo grandi musicisti in Italia che meriterebbero maggiore spazio e risonanza all’estero. Credo che la strada giusta per la valorizzazione dei nostri musicisti sia quella di sprovincializzare il jazz italiano attraverso un sostegno pubblico poderoso che possa almeno parzialmente coprire i costi di tournée e di promozione degli artisti. Occorre, inoltre, creare una rete di scambio tra i festival italiani e i festival internazionali al fine di garantire la presenza di jazzisti italiani in contesti nuovi e più ampi. In questo ritengo che I-Jazz possa giocare un ruolo importante”.
Una nuova idea progettuale su cui dovrebbe concentrarsi I-Jazz?
Credo sia molto importante, appunto, che oltre al ruolo di supporto delle associazioni, I-Jazz lavori per la creazione di una rete internazionale di festival con l’obiettivo di portare il jazz italiano all’estero e consentire a noi associazioni di abbattere i costi degli artisti stranieri”.
Se il Ministro Franceschini ti dicesse “posso esaudire un tuo desiderio”, cosa gli chiederesti?
“Chiederei, innanzitutto, di defiscalizzare le produzioni musicali di qualità e la musica dal vivo abbattendo costi iniqui per le associazioni che operano senza scopo di lucro valorizzando i territori”.