Pubblicato il 16/03/2021
Continua il racconto degli associati di I-Jazz attraverso la voce dei protagonisti. Il presidente dell’associazione nazionale Corrado Beldì ha intervistato, questa settimana, il direttore artistico di Barga Jazz, Alessandro Rizzardi, musicista, docente, nonché vero e proprio faro per la musica jazz in Toscana e non solo. Da anni con il festival nel celebre borgo in provincia di Lucca e con l’importante Concorso internazionale di arrangiamento e composizione per orchestra, Alessandro Rizzardi ha portato avanti con caparbietà una stabile idea di produzione musicale che rende le attività dell’Associazione Polyphonia uniche e riconoscibili.
Come nasce Barga Jazz?
“Barga Jazz nasce nel 1986 per iniziativa di mio padre, Giancarlo Rizzardi, che riuscì a convincere l’allora amministrazione comunale a investire in un progetto per l’epoca molto innovativo: un festival di jazz incentrato sulla big band. Dopo aver fatto l’orchestrale suonando in Italia e all’estero fin dagli anni ’50, mio padre si è dedicato all’insegnamento e alla sua vera grande passione il jazz e la big band. L’incontro decisivo è stato quello con Bruno Tommaso. Insieme elaborarono l’idea di un concorso di arrangiamento e composizione per orchestra jazz per dare la possibilità ai giovani arrangiatori e compositori di avere a disposizione un’orchestra professionale. Nei primi due anni del festival l’orchestra ha avuto tra le sue fila: Luca Flores, Paolo Fresu, Pietro Tonolo, Gianluigi Trovesi, Emilio Soana, Rudy Migliardi”.
Quali sono state le tappe più importanti di questi anni per il vostro festival e la vostra realtà?
“Intorno al nucleo centrale del festival e del concorso di arrangiamento e composizione, si sono via via aggiunte nuove iniziative: seminari, masterclass, concerti nelle piazze, concerti itineranti, laboratori. Nel 1991 è nato il concorso dedicato ai gruppi emergenti da cui sono passati alcuni dei più apprezzati musicisti italiani. Dal 2000 abbiamo sperimentato una nuova formula che prevede l’aggiunta di un solista all’orchestra, che viene chiamato a eseguire gli arrangiamenti dei concorrenti. Il primo ospite è stato Enrico Rava, l’anno successivo Gianluigi Trovesi e poi tanti altri musicisti importanti che hanno accettato la sfida di suonare partiture inedite come Lee Konitz, Steve Swallow, Dave Liebman, Dave Douglas, Giorgio Gaslini, Kenny Wheeler, Tom Harrell, Franco D’Andrea e molti altri”.
Quali sono i vostri obiettivi per i prossimi anni?
“Obiettivo primario del nostro festival è valorizzare i giovani compositori e arrangiatori oltre che i giovani musicisti. Il limite è sempre stato la necessità di selezionare poche partiture, sarebbe bello poterne eseguire di più, tra le tantissime che ogni anno arrivano alla segreteria del festival. Un obiettivo importante sarebbe poi rafforzare l’aspetto didattico del festival con l’organizzazione in forma più strutturata di corsi dedicati specificamente alla big band, per esempio: come suonare in orchestra; come scrivere per l’orchestra; come dirigere un’orchestra”.
Quali sono i rapporti che avete instaurato con la vostra realtà territoriale?
“Un’esigenza a cui abbiamo sempre guardato è stata quella di non richiudersi in una nicchia, ma di coinvolgere più possibile il pubblico e avvicinarlo a un genere di musica non proprio popolare, specialmente in una cittadina di provincia. Per questo è nata una giornata dedicata alla città che abbiamo chiamato Barga IN Jazz con street band itineranti per tutto il centro storico, e gruppi di giovani in ogni piazza. In pochi anni è diventata la manifestazione più partecipata dell’estate con migliaia di presenze”.
Il vostro concorso internazionale di arrangiamento e composizione per orchestra jazz giunge quest’anno alla 32esima edizione: è un concorso tra i più importanti e prestigiosi in Italia, vuoi raccontarcene la genesi e cosa ti ha dato in questi anni?
“Il concorso rimane lo zoccolo duro e anche quello che ci differenzia dagli altri festival. Questo assorbe gran parte delle risorse perché si tratta di realizzare una produzione originale con 18 elementi, con giorni di prove intense per mettere a punto le partiture. È un lavoro impegnativo sia per il direttore sia per gli orchestrali che in pratica vivono sempre insieme per diversi giorni, il clima che si crea è del tutto particolare”.
Ci racconti un concerto indimenticabile, tra quelli che avete organizzato?
“Uno dei concerti che più mi è rimasto impresso è stato nel 1987 quello della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden, allora ero un ragazzino che si avvicinava timidamente al mondo del jazz e vedere dal vivo quest’orchestra mi ha molto impressionato”.
Come sta cambiando secondo te il pubblico del jazz?
“Il pubblico mi pare molto cambiato, fino a qualche anno fa, specialmente nelle realtà di provincia, il pubblico del jazz era soprattutto composto da adulti, per non dire anziani, oggi vedo molti più giovani. Per il nostro festival una buona fetta del pubblico è costituita da stranieri, soprattutto turisti che scelgono di visitare la nostra zona proprio nel momento del festival unendo la passione per la musica a quella per la montagna e la natura”.
Quali azioni dovremmo fare per portare più musicisti italiani nel mondo?
“Credo che ci vorrebbe un supporto più sistematico ai gruppi italiani di giovani musicisti. Nella nostra esperienza abbiamo collaborato con gruppi provenienti dalla Scozia, dall’Olanda, dalla Spagna, dalla Germania che si sono proposti al nostro festival avendo già coperte le spese di viaggio e talvolta di alloggio dai propri governi. Questo permetterebbe anche a chi non è già conosciuto internazionalmente di ottenere ingaggi all’estero”.
Ci racconti un socio I-Jazz che ti piace per la sua programmazione?
“Sono tanti i progetti che mi piacciono e da molti ogni tanto rubiamo qualche idea. Preferisco non fare nomi ma in generale apprezzo i festival dove, oltre mettere in cartellone i big, si investe in produzioni originali”.
Ci segnali tre nomi interessanti nel panorama del giovane jazz italiano?
“Beh, ce ne sono veramente tantissimi, nel 2020 a Barga si sono distinti all’interno del BargaJazz Contest il pianista Tommaso Perazzo; la cantante Valentina Fin e il sassofonista Manuel Caliumi”.
Una nuova idea progettuale su cui dovrebbe concentrarsi I-Jazz?
“Credo che potremmo lavorare di più sulle co-produzioni pensando a residenze di artisti ospitati dai vari festival per realizzare opere originali. È un lavoro che in parte sta già promuovendo l’associazione MIdJ che credo vada sostenuto e rafforzato”.
Se il Ministro Franceschini ti dicesse: “Posso esaudire un tuo desiderio”, cosa gli chiederesti?
“Il sogno sarebbe far diventare la BargaJazz Orchestra un’orchestra stabile, in modo da potersi concentrare sulla musica senza dover fare continuamente i conti con la scarsità di risorse”.