Pubblicato il 21/10/2020
Partiamo dalla ripartenza: si sta concludendo il progetto Jazz Rail, di cui Ancona Jazz è stato capofila, ci racconti i punti salienti del progetto?
JazzRail 2020 è la nuova edizione del progetto denominato “i luoghi del Jazz” al quale abbiamo partecipato nel 2014, 2017 e 2018 con partner diversi su tutto il territorio nazionale nell’ambito della rete I-Jazz alla quale aderiamo. JazzRail, è un progetto nazionale riconosciuto dal Ministero dei Beni Culturali che lo ha premiato inserendolo tra i vincitori del bando destinato al Jazz pubblicato lo scorso anno. L’edizione 2020 vede coinvolte sei tra le maggiori realtà associative del territorio italiano, coordinate dall’Associazione culturale Spaziomusica di Ancona, l’Associazione Polyphonia di Lucca, l’Associazione culturale musicale Locomotive di Sogliano Cavour (LE), l’Associazione culturale Rest-Art di Novara, l’Associazione AmbriaJazz di Tirano (SO) e l’Associazione culturale Musica Moderna di Thiene (VI). Affiancati da I-Jazz e dalla Fondazione Ferrovie dello Stato, portiamo il jazz lungo le linee storiche italiane e nelle stazioni di tutta Italia.
Nello specifico, che attività avete portato avanti ad Ancona per JazzRail e come pensate di proseguire nei prossimi anni?
Ad Ancona lo scenario di questo concerto è rappresentato dai binari della stazione marittima di Ancona, chiusa il 13 dicembre 2015. Il capolinea della breve linea ferroviaria, situata in pieno centro città, era la stazione principale. Nei cinque binari, tre erano dediti al servizio passeggeri, gli altri per lo scalo marittimo delle merci. La linea lambiva la Mole Vanvitelliana, edificio pentagonale creato da Luigi Vanvitelli nei primi decenni del ‘700. Lazzaretto di sanità pubblica, poi ospedale militare, raffineria di zucchero e infine deposito di tabacchi, oggi è sede primaria della cultura della città, con mostre permanenti, museo, concerti, convegni ecc. E’ alla Mole che ha avuto luogo il nostro concerto in cartellone del JazzRail ed è alla corte della Mole dove organizziamo il nostro Summer Festival e che ora dispone anche di numerosi spazi all’interno da destinare alle attività più disparate. Per il futuro la nostra intenzione e consolidare il rapporto con i partner che stanno investendo nel progetto, se possibile coinvolgere altri. Ci sono posti incantevoli e di grande valore storico, monumentale e anche turistico in tutta la penisola che potrebbero essere utilizzati.
Ancona Jazz: una grande storia. Mi racconti quando e perché nasce questa tua fantastica creatura?
Nasce a fine del 1973 con il Club Jazz Ancona. Un gruppo di amici appassionati di jazz decide di rappresentare questa straordinaria musica e farla conoscere alla città di Ancona. La raccolta delle adesioni (casa per casa) e una mostra fotografica cui seguì il primo concerto con il piano solo di Martial Solal. Da allora, ininterrottamente (intendo senza saltare neanche un anno), abbiamo organizzato concerti, rassegne, festival, seminari e ogni tipo di attività collaterale divulgativa. I maggiori esponenti di questa nostra musica si sono esibiti sui palcoscenici curati da Ancona Jazz nelle tante sedi (teatri, club, università), attività fuori dalla città (Le Strade del Jazz), ma anche incontri con gli autori, mostre fotografiche e di pittura, lezioni concerto nelle scuole, collaborazioni con altre associazioni di diverso indirizzo culturale (danza, cinema, fotografia), produzione discografica, festival e rassegne per un totale, che raggiungeremo a breve, di 1000 concerti
Cosa avete pensato di fare in questo difficile periodo e a quali progetti futuri stai lavorando?
Dopo i mesi di cancellazione di concerti invernali e la rivisitazione del cartellone del festival estivo abbiamo scelto anche noi di privilegiare i musicisti italiani e della nostra regione con progetti in esclusiva o caratterizzanti la nostra programmazione. Quello che è stato fatto nel 2020 proveremo a realizzarlo anche nel 2021 magari recuperando alcune cancellazioni più … dolorose.. Da dodici anni affianchiamo la “nostra” Colours Jazz Orchestra guidata dal talentuoso Massimo Morganti con arrangiatori, direttori e solisti (Bob Brookmeyer, Maria Schneider per citarne solo due) e per il futuro vogliamo continuare a farlo.
Come sta cambiando il pubblico di Ancona Jazz? Quali azioni per il futuro?
in quasi 50 anni di attività il pubblico è cambiato spesso; oggi di sicuro ha un’età media più alta, è meno informato e il suo approccio rimane attento, ma forse superficiale, poco desideroso di approfondire la materia. Nostro compito per il futuro è quello di riuscire a coinvolgere sempre più il pubblico giovanile entrando maggiormente nelle scuole, adottando una politica di prezzi dei biglietti contenuti e continuando a presentare un cartellone coerente con le nostre priorità artistiche, attente sì al presente, ma allo stesso tempo radicate nella storia del jazz.
Mi racconti un vostro concerto indimenticabile?
Se per indimenticabile si intende sforzo organizzativo e produttivo, di sicuro il trio di Keith Jarrett; per motivi di musica ed emozioni ne ho una … marea! Indimenticabili. Solo per citarne alcuni con musicisti con i quali abbiamo legato anche personalmente: Cedar Walton, Chet Baker, Ahmad Jamal, Jimmy Scott, Wynton Marsalis, Jackie McLean … ma anche parecchi cantanti quali ad esempio Dena DeRose, Bob Dorough o altri legati al mondo del brasilian/latin bossa jazz come Claudio Roditi, Duduka Da Fonseca, Astrud Gilberto e la nostra Barbara Casini. Mi fermo qui necessariamente!
Mi descrivi una immagine fotografica a cui sei molto legato?
Qui sono autobiografico. Di recente ho rivisto un filmato della RAI ripreso durante un concerto di Rashaan Roland Kirk al festival jazz di Bologna del 1973 e ho riconosciuto un giovane fotografo … per i primi anni mi dilettavo a fotografare poi il tempo per farlo come si deve non ne avevo più. Foto di musicisti alle quali sono legato sono numerose ma forse Billy Higgins e Art Pepper meritano il piedistallo. Non tanto per la foto in sé, tecnicamente intendo, ma per il rapporto che sta dietro, la complicità e il feeling che negli anni (ma con qualcuno sin dal primo incontro) si era venuto a creare. Poi ci sono le foto che non ho fatto ma che sono immagini scolpite nella memoria come quella volta che accompagnammo Albert Mangelsdorff alla stazione ferroviaria in attesa di un treno notturno, lo salutammo e poi, scontenti, decidemmo di tornare per fargli compagnia per un pò e lo trovammo sdraiato sul divano di legno in sala d’aspetto che stringeva la custodia del suo trombone …..
Tornando a Ancona Jazz, cosa significa fare il direttore artistico di un festival?
Partirei con definire un festival che, a mio avviso, non è una serie di concerti isolati ma una serie di giornate consecutive che possono anche costituire il nucleo centrale di attività varie e distribuite in luoghi diverse e in date diverse. Fare il direttore artistico per me significa privilegiare la musica e non il cartellone. Non significa pescare dai roster che agenzie di management e/o artisti inviano ma avere una idea progettuale da sviluppare e sulla base di questa contattare gli artisti da coinvolgere (direttamente o tramite management) in progetti e eventi il più possibile esclusivi e che comunque ne rappresentino le linee guida. Cartelloni che non siano la fotocopia di altri festival, insomma. Questa modalità caratterizza da sempre i festival e le rassegne targate Ancona Jazz. Arrivata ai quarantasette anni di attività continuativa, Ancona Jazz mantiene una linea programmatica coerente con alcune direttive artistiche precise : nessuna chiusura stilistica, e quindi valorizzazione di tutti gli aspetti del jazz ; scelte caratterizzanti per quanto riguarda il canto; attenzione alle realtà emergenti nazionali e marchigiane; presentazione di musicisti raramente o mai ascoltati in Italia, in particolare dal nord Europa, dall’Inghilterra e dalla Polonia; progettazione con gli stessi protagonisti di repertori originali ed esclusivi; collaborazioni e confronti con territori musicali ed artistici diversi.
Ci racconti un socio I-Jazz che ti piace per la sua programmazione?
Il primo che mi viene in mente è Moncalieri Jazz per il cartellone molto vicino al nostro modo di concepire un festival e per la straripante personalità di Ugo Viola ma ce ne sono numerosi altri che meritano menzione naturalmente!
Ci segnali tre nomi interessanti nel panorama del giovane jazz italiano?
Consentimi degli ex-equo: Sophia Tomelleri & Cesare Mecca, Andrea Domenici & Andrea Niccolai (sono quattro OK 😉
Quali azioni dovremmo dare per portare più musicisti italiani nel mondo?
La via più percorribile è quella degli scambi di musicisti con altri Paesi, focalizzati soprattutto verso le ultime leve. Senza preclusioni di genere e di etichetta artistica.
Ci suggerisci una nuova idea progettuale su cui dovrebbe concentrarsi I-Jazz?
Due aspetti legati entrambi alla “formazione”. Abbiamo storici, studiosi di altissimo livello che dovrebbero (in)formare i giovani che ruotano nel nostro mondo in tutto il territorio nazionale e insegnanti, arrangiatori, compositori che possono formare l’altro aspetto più legato alla musica eseguita. Concentrarsi sulla divulgazione e la diffusione di questi due aspetti potrebbe risultare di fondamentale importante per il futuro.
Se il Ministro ti dicesse: “posso esaudire un tuo desiderio”, cosa gli chiederesti?
Il jazz (ma in generale tutta la musica del ‘900) come materia scolastica obbligatoria, fin dalle scuole medie.