Pubblicato il 10/06/2022
Il Ground Music Festival prende il via domenica 12 giugno e a Brescia si respira aria di ‘rivoluzione’. Due anni difficili non proprio alle spalle, e un futuro work in progress non sembrano spaventare la squadra che lavora alla manifestazione, pronta a partire per un nuovo tour di concerti in cui la musica si fonde con la natura e la storia del territorio. La crisi della pandemia, da questa parti, sembra avere aperto nuove strade, a partire dalla consapevolezza che i ‘mostri’, soprattutto quelli immaginari che ci spaventano con i loro BAO, ci appartengono più di quanto pensiamo e non dovrebbero farci paura, parola di Gabriele Mitelli, musicista, compositore e direttore artistico con sogni ‘da pilota’.
Gabriele iniziamo a conoscere meglio il progetto BAO dell’associazione Lampedé, a partire dal nome che avete scelto .
‘BAO Il verso che suscita stupore, l’espressione di un mostro immaginario. Il difforme, il diverso, la sregolatezza di un mondo sconosciuto che genera il sussulto di quanti vi si accostano. L’ignoto che allontana, ma che in fondo appartiene all’intimo di ciascuno. Il BAO non fa paura!‘
BAO è la nostra ultima creazione e il nome sta per Brescia Arts Observatory, anche se a Brescia il Bao rappresenta il temporale e, nelle fiabe e nei racconti, il mostro, l’ignoto. BAO è arte nella sua visione più poliedrica e ampia, terreno di scambio e di crescita tra figure di varia estrazione che scelgono di dialogare, contribuendo alla realizzazione di una visione globale del mondo, colto nel suo processo di trasformazione, risvegliato con un Bao. In BAO avviene un’interlocuzione inedita tra alcune delle menti più creative del panorama artistico internazionale e figure illuminate provenienti da ambiti inaspettati, che spaziano dalla sociologia alla ricerca scientifica e tecnologica, passando per l’urbanistica, l’ecologia e il turismo sostenibile; un grande contenitore d’arte, d’idee e saperi che intende creare un legame stretto con la realtà che gli ha conferito i natali. Così, Brescia e il suo territorio regalano identità e senso di appartenenza a una creatura multiforme, dinamica e sovranazionale.
Come è nata l’idea e come si struttura?
L’idea, nata nel 2021, prende forma a partire dal mese di gennaio 2022 con un ricco palinsesto di eventi che comprende: concerti, performance, workshop, azioni performative sociali, convention, mostre, proiezioni, installazioni permanenti e temporanee nel tessuto urbano.
Il progetto si snoda lungo quattro direttrici che si distribuiscono nell’arco dell’intero anno: INDICA, una rassegna dedicata all’improvvisazione radicale, che ospita un laboratorio di soundpainting curato da Giancarlo Nino Locatelli; Meccaniche della Meraviglia un festival che mette in campo mostre e installazione, legate all’arte contemporanea, in tutto il territorio bresciano; Ground Music Festival, manifestazione che porta concerti a 360° in location naturalistiche, e RAAA contemporary and performance arts festival, che prenderà vita a settembre e sarà una settimana intensa di laboratori, performance, azioni sociali, installazioni e concerti, nella periferia di Brescia.
Quattro macro eventi che raccolgono la collaborazione di gran parte delle realtà presenti sul territorio, coinvolte attivamente nella promozione dell’arte in tutte le sue forme. BAO è anche un osservatorio virtuale, presente sul web, che oltre a proporre i quattro festival di cui ho parlato prima, ospita il calendario di tutte le attività delle realtà che fanno parte della sua rete, e propone approfondimenti, video, interviste, articoli, recensioni riguardanti artisti, opere e progetti attivi sul territorio nazionale e internazionale.
Il territorio di Brescia particolarmente colpito negli ultimi due anni dal ciclone pandemia: c’è stato un ‘prima’ e un ‘dopo’ nel vostro lavoro?
Credo che sia ancora presto parlare di un ‘prima’ e un ‘dopo’ a livello socio-culturale. Durante la pandemia è stato inevitabile interrompere le manifestazioni, ma ciò è coinciso anche con un mio sentimento di insoddisfazione generale verso il rapporto personale con la direzione artistica. Sentimento che riposava nell’inconscio da tempo. Quindi il tempo ‘perso’ è stato investito a rivoluzionare completamente il lavoro fatto fino ad allora. La pandemia sicuramente ha portato uno slegamento sociale non indifferente, il senso di comunità è cambiato e abbiamo sentito la necessità di perdere identità per ricostruirne una nuova, collettiva.
Due parole chiave che raccontano l’edizione 2022 il Ground Music Festival in partenza domenica 12 giugno?
Rurale e Rivoluzione.
Rurale perché si respira la tradizione agreste e si sperimenta la conformazione del territorio, che ovviamente ha dato le linee guida per l’evoluzione della cultura popolare prealpina.
Rivoluzione perché ha portato in questo territorio musiche a lui sconosciute e, allo stesso tempo, ci ha condotti in una crisi che è una rivoluzione in atto, ma non ancora espressa completamente dal festival.
In quest’anno di transizione suoneranno dal 12 al 19 giugno: Julie’s Haircut, Tell Kujira (produzione di Area Sismica), Paal Nilsen-Love con Circus, Korr (We Insist! Records), Mopoke, Pasquale Mirra, Ultramarine, Cristina Donà, Paolo Angeli, Ooopopoiooo, Fire!; ci sarà poi la mostra fotografica di Luciano Rossetti, il laboratorio Musica e Gioco di Pasquale Mirra, quello di soundpainting di Nino Locatelli e un intervento di Neu Nau “Un suono in estinzione”.
Sei un direttore artistico di rassegne e festival, ma anche un musicista e un compositore: quanto è importante il lavoro di squadra nella tua esperienza di operatore culturale e creativo tout court?
Sino ad ora parlato solo di questo…fondamentale!
Le tue due priorità per il futuro del jazz italiano: promozione? formazione? internazionalizzazione?
Credo che il futuro del jazz italiano avrà maggiori possibilità quando le organizzazioni sapranno in anticipo se e quanti finanziamenti avranno per creare i programmi; quando gli artisti non dovranno compilare dei bandi gestiti da commissioni di esperti per finanziare i tour, ma ci saranno delle risorse per tutti quelli che, dopo aver creato un tessuto italiano, europeo, mondiale ecc… potranno accedere a dei fondi per il sostegno della propria attività senza doverlo saper un anno prima, senza scadenze, limiti di età e provenienza.
Spero fortemente che ci sia sempre più spazio (e denaro) per la produzione di progetti che nascono dalla necessità di artisti e non di direttori artistici e che le professioni che gravitano attorno alla cultura possano dare più sostegno a chi le pratica con serietà. Dopo questo, per rispondere alla domanda, credo che una corretta formazione sia necessaria.
Gabriele Mitelli ha mai pensato a cosa gli sarebbe piaciuto diventare, se non avesse incontrato la musica nella sua vita?
Da bambino il pilota, da ragazzino Indiana Jones, da adolescente non lo so. Ora mi sento al posto giusto, da grande spero il pilota.
Un’ultima curiosità (all’insegna dell’ironia): ma i jazzisti sotto la doccia cosa canticchiano?
Le rare volte in cui mi sento un jazzista, Trasmission dei Joy Division.
Link al progamma di Ground Music Festival 2022
Scheda socio I-Jazz Associazione Lampedée