Pubblicato il 17/12/2019
Il 2019 è stato un anno molto importante per la città di Matera, Capitale europea della cultura. Un evento che ha fatto in modo che i riflettori di tutto il mondo fossero puntati sulla città dei Sassi e il suo territorio, confermando così una vocazione alla sperimentazione culturale e artistica di questo angolo d’Italia. Una vocazione di cui realtà come l’associazione culturale Onyx Jazz Club e il festival Gezziamoci sono tra le più felici espressioni. E per conoscere da vicino queste esperienze, ormai più che trentennali, abbiamo incontrato Gigi Esposito, presidente dell’associazione Onyx e direttore artistico di Gezziamoci.
Il 2019 è stato un anno importante per Matera, Capitale europea della cultura. Per il festival Gezziamoci si è trattato di un’edizione diversa dal solito?
In realtà il festival non è cambiato, abbiamo confermato la formula che ci contraddistingue da sempre, cioè da ben 32 edizioni. La Fondazione Matera 2019 ha scelto di supportare soprattutto produzioni nuove e la nostra manifestazione non è rientrata tra le realtà finanziate.
Come definiresti Gezziamoci?
Sicuramente ‘divertente’. Gezziamoci è un festival che non ha certo i numeri per competere con le grandi manifestazioni nazionali, ma questo ci ha sempre stimolato a sperimentare. L’unico punto fermo del nostro lavoro: mettere la musica al servizio del territorio e il territorio al servizio della musica. Siamo da sempre convinti che luoghi come i Sassi di Matera o il Parco della Murgia siano spazi perfetti per esaltare i musicisti e la musica. E alla lunga la nostra intuizione si è dimostrata vincente. Dopotutto, senza peccare di presunzione, possiamo dire che il nostro trentennale lavoro di proposte artistiche e culturali ha contribuito, anche in minima parte, alla scelta di Matera come Capitale europea della cultura 2019.
Gezziamoci, in fondo, è nato da un gruppo di amici legati da un profondo amore per la propria terra, la Basilicata, e dal desiderio di condividere idee e progetti che promuovessero questo territorio. E ancora oggi, dopo tanti anni, continuiamo a incontrarci ogni settimana, per programmare iniziative e lanciarci in nuove sfide. Siamo un gruppo pieno di entusiasmo e decisamente variegato. Basti pensare che il responsabile amministrativo dell’Onyx Jazz Club, mio amico fraterno, è un appassionato di Pooh e durante i concerti di musica jazz si tiene lontano dal palco. Eppure, Gezziamoci non potrebbe esistere senza di lui!
E allora cerchiamo di conoscere meglio questo festival: da dove vuoi partire?
Innanzitutto dal fatto che il nostro è un festival che copre un intero anno di programmazione. Nel 2019 siamo partiti a gennaio e abbiamo terminato il 17 dicembre con i laboratori di Bruno Tommaso, all’interno della rassegna “Lezioni di Gezz”. Ma siamo già pronti a ricominciare con due importanti appuntamenti in Casa Cava, un luogo unico al mondo. Un auditorium incastonato nel cuore del sasso barisano, fortemente voluto tanti anni fa da Onyx, e che può contenere fino a 139 posti a sedere.
Puoi darci un’anteprima dei concerti di Gezziamoci 2020?
Abbiamo deciso di affidare l’apertura della trentatreesima edizione del festival ai giovani vincitori dell’Onyx Jazz Contest 2019. Domenica 5 gennaio sarà la volta dei G.A.R. (gruppo secondo classificato) con Giuseppe Russo alla chitarra, Simone Tritto al contrabbasso e Antonio Marmora alla batteria. Venerdì 10 gennaio sul palco di Casa Cava arriveranno i vincitori, gli “H-owl Project”, con Rossella Palagano alla voce, Nicolò Petrafesa al pianoforte, Vito Faretina al basso e Graziano Pennetta alla batteria. E con “H-owl Project” registreremo anche un cd che sarà pubblicato per l’etichetta Onyx, attiva dal 1992 grazie alla formula dell’azionariato popolare.
Quella di Gezziamoci 2020 sarà, ancora una volta, un’edizione con protagonisti molti giovani musicisti, su cui abbiamo deciso di investire con determinazione da anni, e a cui cercheremo di affiancare importanti artisti internazionali, come è successo lo scorso 13 settembre con Jan Garbarek.
Nella programmazione estiva del festival continueremo a puntare sulle location dei concerti, scegliendo gli angoli dei Sassi che ci permettono di sperimentare acustiche sempre diverse e suggestive. Confermato il concerto all’alba e, ancora una volta, ricorreremo alla figura del bandidatore come guida d’eccezione per il pubblico.
Ci spieghi esattamente cosa fa il banditore durante il festival?
Il banditore nella tradizione era il personaggio che arrivava nel borgo e, suonando una cornetta, annunciava l’arrivo della posta o altre notizie di utilità cittadina (una sorta di Facebook ante litteram). Noi lo proponiamo in una versione originale, come animatore del percorso che porta il pubblico alla sede dei concerti. Durante il tragitto i nostri volontari distribuiscono ai turisti dei biglietti bianchi su cui sono invitati a scrivere cosa pensano dell’esperienza fatta a Matera. Testi che vengono poi letti dal banditore in un crescendo di attenzione e divertimento, fino all’arrivo al concerto.
Oltre alla musica, il programma prevede anche degustazioni, passeggiate in mezzo alla natura con i musicisti, attività per i bambini e a volte, come volontari, coinvolgiamo gli stessi turisti che nella loro lingua d’origine si trasformano in guide del festival. Quest’estate abbiamo avuto persino un gallese; la sua presentazione era incomprensibile, ma è stato molto divertente. D’altronde noi stessi abbiamo scelto un modo tutto nostro di promuovere la musica jazz, usando la “G” di Giuseppe, di Giovanni, di Gezziamoci appunto!
E quali altri anticipazioni puoi darci sul programma 2020?
Mi piace ricordare l’appuntamento del 24 gennaio, “La fisarmonica verde” di Andrea Satta e Angelo Pelini al pianoforte, legato al tema della shoah. Uno spettacolo che racconta la Seconda Guerra Mondiale attraverso il recupero del rapporto tra un padre, Gavino “Esse”, internato in un campo di concentramento in Germania, e il figlio Andrea, che cerca di ricostruirne la vita attraverso gli oggetti ritrovati. A marzo poi ci aspettano due concreti molto importanti: quello della pianista canadese Emie R Roussel in trio (15 marzo); e quello del Chris Potter Trio feat. Bill Frisell, sul palco Chris Potter al sassofono, Bill Frisell alla chitarra elettrica, Craig Taborn al pianoforte e fender rhodes, ed Eric Harland alla batteria (25 marzo).
A seguire gli appuntamenti del 30 aprile, in occasione della Giornata Internazionale UNESCO del Jazz, e del 21 giugno per la Festa europea della musica. A maggio, invece, avremo una produzione originale, ideata dal pianista e compositore Pasquale Mega. Protagonista un organico molto particolare: il quintetto tipico della musica jazz (clarinetto, pianoforte, vibrafono, contrabbasso e batteria), affiancato da due strumenti di derivazione classica, quali l’arpa e il violoncello. Sulla programmazione estiva ci stiamo lavorando proprio in questi giorni.
Quali sono gli obiettivi dell’Onyx Jazz Club per i prossimi anni?
La priorità è cercare nuovi finanziamenti per proseguire l’attività e investire sui giovani, soprattutto sui musicisti lucani. Finalmente si sta affermando una nuova generazione di musicisti che vede nella nostra associazione culturale il luogo ideale dove avviare un confronto con l’Italia e il mondo. Un luogo dove impegnarsi a progettare, e anche imparare. Molto spesso i musicisti hanno come unico obiettivo suonare, e questo limita molto la loro crescita.
Cosa ne pensi della nuova stagione del Jazz italiano?
Ho seguito da vicino tutte le fasi che hanno contraddistinto la crescita del jazz italiano negli ultimi anni, e credo che molto sia stato fatto dai Conservatori attraverso la nascita dei Dipartimenti di jazz. Il numero degli studenti di jazz inizia a superare quelli che suonano musica classica e questo per noi è una buona notizia. Come operatori del settore ci siamo organizzati meglio e insieme abbiamo superato molti ostacoli. Inoltre, il lavoro fatto da Paolo Fresu con l’Associazione I-Jazz e la Federazione nazionale “Il Jazz Italiano” è stato fondamentale.
Come presidente di Onyx hai un suggerimento o una richiesta da fare?
Come Onyx sentiamo molto l’esigenza di conoscere meglio i meccanismi che potrebbero aiutare i giovani musicisti a crescere, e non solo quelli con talento. Penso a consulenze mirate sulle agevolazioni vigenti o sul regime di tassazione più adatto per le associazioni culturali. I giovani sono il futuro a cui è affidato il futuro, non solo della musica, ma di tutto il Paese. E poi ho un sogno nel cassetto: riuscire a trovare le risorse per ricostruire la storia di un’associazione come la nostra. E’ fondamentale non disperdere un patrimonio di idee e progetti che da oltre trent’anni racconta un territorio attraverso la musica.