Pubblicato il 28/06/2022
Chi conosce il valore delle favole, sa bene che spesso raccontano della realtà quello che in tanti non riescono a vedere. Innanzitutto la ‘meraviglia’ che nasce dall’immaginazione, dalla curiosità e dalla passione. Quell’imprevista scoperta di un mondo che, piuttosto che spaventarci o farci sentire inadeguati, ci stupisce per la bellezza. Ed è proprio questo il viaggio che Francesco Mariotti e tutto lo staff di Pisa Jazz propone quest’anno al pubblico del festival Pisa Jazz ReBirth: una rinascita che è un invito ad attraversare un ‘misterioso’ specchio in compagnia di una certa Alice.
Partiamo dal tema scelto per questa edizione del festival: “Attraverso lo specchio”. Un riferimento che ha molto a che fare con la fantasia e un certo Lewis Carrol. Perché questa scelta?
Il claim di Pisa Jazz ReBirth di quest’anno è un riferimento al romanzo di Lewis Carrol; abbiamo appena celebrato i 150 anni dalla traduzione italiana di Alice nel paese delle meraviglie e un anno in più per questo secondo capitolo della saga. Ma l’intento non è quello della celebrazione della ricorrenza letteraria, quanto di sfruttare la potenza evocativa di questa immagine. Alice attraversa uno specchio, entra in un nuovo mondo di meraviglie, a volte anche poco comprensibili, ma assolutamente affascinanti; a poco a poco inizia a comprendere le dinamiche di questo nuovo mondo, a trovarsi a proprio agio e a scoprirne la bellezza.
Ecco, così ci siamo immaginati di accompagnare il pubblico attraverso lo specchio, aiutarlo a superare quella barriera invisibile che a volte può allontanarlo da un genere ritenuto, spesso senza un reale motivo, troppo complicato o di difficile fruizione. Cosi abbiamo mescolato le carte, abbiamo costruito un programma molto variegato e differenziato, cercando di far condividere il palco ad artisti molto diversi tra loro, avendo sempre in mente il pubblico e la missione che ci siamo prefissi.
Un programma dalle tante sfumature: ci guidi in questo mix? Cosa le tiene unite?
Appunto la volontà di mescolare carte e pubblico e di suggerire, senza mai imporre, la scoperta. Mi spiego meglio: la musica di ricerca ha il suo pubblico, la sua nicchia di appassionati, piccola o grande che sia. Il jazz che tu chiami più ‘classico’, che immagino tu riferisca a nomi in cartellone come Enrico Rava o John Scofield, ha invece un pubblico più ampio e più storicizzato. Poi abbiamo inserito anche alcuni nomi più vicini al pubblico giovane e non necessariamente pubblico del jazz, come Nate Smith o Charlie Hunter. Ma sullo stesso palco, nelle stesse sere il pubblico ascolterà anche progetti di giovani e talentuosi musicisti italiani, spesso con progetti di avanguardia. E sono convinto che saranno per tutti delle piacevoli scoperte.

Pisa Jazz e la città: come è cambiato il legame con il territorio? E quali novità per il 2022?
Pisa Jazz ha sempre avuto un forte legame con il territorio, a partire dal sostegno istituzionale della Fondazione Pisa, che ha sempre creduto fortemente nel progetto, e del Comune di Pisa che ci ha aiutato negli anni della pandemia a ripensare la nostra programmazione dandoci la possibilità di organizzare un festival estivo nel giardino storico più bello della città, il Giardino Scotto, già teatro delle rassegne Internazionali di jazz degli anni ’70 e ’80. Dall’inizio del suo percorso ad oggi, Pisa Jazz si è sviluppato nella forma della rassegna, mantenendo una continuità nella programmazione e nel presidio territoriale fino al 2021: è l’anno della rinascita, un momento di risposta alle contingenze della pandemia che trasformano la rassegna in festival, dando nuova vita al progetto e creando nuove opportunità artistiche.
Il lavoro di un festival però non si esaurisce nelle due o tre settimane di concerti estivi. Il presidio territoriale e il costante dialogo con le istituzioni pubbliche, scolastiche, il proprio pubblico e gli artisti del territorio è la chiave per sviluppare un senso di appartenenza condiviso dalla collettività. Pisa Jazz proviene da più di dieci anni di lavoro costante e distribuito sul territorio e durante l’anno; questo presidio culturale si concretizza nel lavoro del jazz club, nelle rassegne autunnali e primaverili, nei progetti che coinvolgono gli studenti del liceo musicale, negli eventi divulgativi delle domeniche mattina e in tutte le attività promozionale che Pisa Jazz sviluppa durante l’anno. Queste sono le solide basi sociali su cui Pisa Jazz può permettersi di contare.
Un lavoro che ha portato a ottimi risultati.
Si, il successo della prima edizione ci conferma che Pisa Jazz ReBirth è e sarà un festival fortemente voluto da tutta la collettività. Tra le tante realtà che lavoreranno a questa edizione con Pisa Jazz, ci preme sottolineare la collaborazione con il festival Pisa Folk, quest’anno alla sua ventesima edizione: è un festival nato in seno ad un’associazione universitaria, che negli anni si è sviluppato esprimendo un alto livello artistico e professionale. Da questa collaborazione nasce il concerto dell’8 luglio che vedrà salire sul palco il trio acustico di Enzo Avitabile preceduto dal Pasta Nera Jazz Project di Antonio Pizzarelli, Felice Lionetti, Giovanni Mastrangelo e Antonio Cicoria.
Cominciamo a parlare dei protagonisti sul palco, partiamo dagli ospiti italiani: qualche suggerimento degli appuntamenti da non perdere?
Il primo consiglio è quello di farsi un giro sul nostro sito e sui nostri social; abbiamo creato anche una playlist su Spotify con una selezione di brani di artisti che suoneranno o che hanno ispirato il festival. In altre parole il primo consiglio per tutti è di essere curiosi, di lasciarsi stupire e di venire a sentire tutti gli artisti italiani in programma. Per chi invece non può o non riesce a concedersi il lusso della curiosità, sicuramente suggerisco i due concerti di apertura del festival al Giardino Scotto il 7 luglio: Enrico Rava con Danilo Rea, Roberto Gatto e Dario Deidda in una delle rare apparizioni di questo quartetto stellare, cui seguirà il concerto in prima nazionale del nuovo sestetto di Nico Gori Around Clarinet con Ares Tavolazzi, Andrea Mucciarelli, Andrea Beninati, Raffaele Pallozzi e Simone Padovani.
Tra le novità sicuramente da segnalare c’è l’ottetto Parking Attendants (11 luglio) di cui cito per brevità solo due punte di diamante: il sassofonista Attilio Sepe, che ha ricevuto il premio Giovani Visionari dalla Federazione Nazionale Il Jazz Italiano, e il pianista Guglielmo Santimone, che con il groove di Antonio Izzo (basso) e Marco Salvador (batteria) si è aggiudicato il premio Tomorrow’s Jazz alla Fenice di Venezia. E poi Francesca Remigi con il suo progetto Archipèlagos (13 Luglio), vincitore di Nuova Generazione Jazz nel 2019 e secondo posto nel Top Jazz 2022 come gruppo italiano dell’anno. Ma al di là dei premi vinti, è proprio la musica che scrivono, arrangiano, suonano e improvvisano a essere straordinariamente attuale e profonda. Groove trascinanti, ricerca del suono, interplay pazzesco e virtuosismo strumentale. In questi due gruppi, in maniera diversa, ci sono tutti questi elementi.
E tra gli artisti internazionali: John Scofield, Cristian McBride, Nate Smith, Kurt Elling. Cosa dobbiamo aspettarci da loro?
Cosa ci possiamo aspettare da dei fuori classe? Battute a parte, sono molto contento non solo della presenza in cartellone dei nomi che hai citato ma anche dei progetti con cui verranno. John Scofield (9 luglio) suonerà con Jon Cowherd, Vicente Archer e Josh Dion nel progetto Yankee Go Home; è lui lo Yankee che torna a casa e si riconnette con molte delle radici Rock’n’Roll di quando era adolescente accompagnato da questa band ‘roots-rock-jazz’ che spazierà tra i successi americani del rock, del folk e del jazz, naturalmente colorate dai suoi 50 anni di esperienza musicale. Un progetto intimo nell’intenzione e potente e coinvolgente nella realizzazione, assolutamente da ascoltare dal vivo.
Kurt Elling invece suonerà al fianco di Charlie Hunter nel progetto SuperBlue (12 luglio); ci allontaniamo quindi dal crooning per cui è conosciuto dal grande pubblico per avventurarci in un territorio più funk e sperimentale. Un Elling come non lo avete mai sentito, in cui la sua voce si sposa con i groove della sezione ritmica e della chitarra di Hunter in nuovissime composizioni e interpretazioni innovative di brani di leggende del jazz come Wayne Shorter e Freddie Hubbard. Il giorno successivo andiamo nell’iperuranio del groove con un batterista che abbiamo inseguito per alcuni anni e finalmente siamo riusciti a intercettare: Nate Smith suonerà nel nostro festival per una delle due sole date italiane del suo tour europeo, con il suo gruppo Kinfolk al gran completo (Brad Allen Williams, Phil Pesket, Fima Ephron, Jaleel Shaw e Amma Whatt).

Christian McBride invece suonerà il 14 luglio e porterà uno dei suoi progetti più mainstream, il quintetto Inside Straight nato da una registrazione live al Village Vanguard qualche anno fa e poco presente nei cartelloni europei fino ad oggi. Oltre a questi nomi voglio segnalare anche l’ultimo degli artisti internazionali con cui chiuderemo la serie di concerti al Giardino Scotto, il pianista Shai Maestro che suonerà con il suo quartetto per presentare l’ultimo album Human (ECM). Personalmente non vedo l’ora di ascoltare questo concerto dal vivo, il disco l’ho consumato. E sono curiosissimo di ascoltare la tromba di Philip Dizack che nel disco è il valore aggiunto a un progetto equilibratissimo.
Ci regali anche qualche segnalazione ‘al femminile’?
Devo dire che mai come quest’anno è stato facile mantenere il gender balance nel programma. A dire la verità non è stato il primo pensiero quando ho chiamato progetti guidati o composti da donne; i progetti li ho scelti per il loro valore artistico intrinseco. Questo a posteriori mi fa ben sperare sullo stato del jazz italiano e sulla presenza sulla scena di giovani e meno giovani donne di assoluto talento, e soprattutto di grande profondità e innovatività musicale.
Ma vengo ai nomi: abbiamo già citato Francesca Remigi con Archipèlagos; aggiungo Francesca Gaza con i suoi Lilac For People (12 luglio), un ensemble composto da voce, tromba, sassofono tenore e baritono, pianoforte, chitarra, basso elettrico e batteria. È una band non convenzionale, Francesca Gaza firma arrangiamenti e composizioni, ma il carattere e il sound personalissimo e subito riconoscibile del gruppo deriva dalla personalità dei singoli musicisti e il loro gusto ad ampio raggio per il jazz, l’art pop, il folk, e la classica. La loro musica è l’emblema del contemporaneo, di una generazione che sta ormai stretta nelle distinzioni di genere musicale, che attinge dai propri ascolti trasversali.
Camilla Battaglia e Rosa Brunello con A Song Hai A Thousand Years (15 luglio) suoneranno nella serata di chiusura dei concerti al Giardino Scotto; anche qui andiamo in territori al di fuori dei generi, tra suoni ancestrali delle origini e corde intrecciate di tradizioni ed esplorazioni in un repertorio di canzoni ripescate nella memoria di due persone che collaborano nella musica come nella vita. E che dire di Leila Martial? Un’aliena su questa terra, una voce incredibile al servizio del trio Oliphantre con Francesco Diodati e Stefano Tamborrino, che spazierà tra suggestioni jazz, hip-hop, punk-rock e impro.
Per concludere non posso non citare Silvia Bolognesi, colonna portante di Pisa Jazz ormai da anni; con lei abbiamo fondato la Fonterossa Open Orchestra, che quest’anno si esibirà con un progetto speciale dedicato a Mingus in occasione del centenario dalla nascita (10 luglio); ma Silvia è anche la direttrice artistica del Fonterossa Day il one-day-festival che apre la serie di iniziative collaterali legati a Pisa Jazz Rebirth e che porterà cinque gruppi a suonare il primo luglio al Teatro Sant’Andrea (tra i musicisti Günter Baby Sommer, Cristiano Calcagnile, Giovanni Maier, Fabrizio Puglisi, Marco Colonna, Biagio Marino, Luca Bernard, Massimiliano Furia, Tobia Bondesan, Alberto Braida). Con Silvia abbiamo portato la pratica della conduction e dell’improvvisazione libera anche nel liceo musicale della città, riscontrando un incredibile entusiasmo da parte degli studenti. Pensate a cosa può significare per una ragazza o un ragazzo adolescenti incontrare questo tipo di pratica musicale, ti apre un mondo nuovo. Se non è passare attraverso lo specchio questo!

E dulcis in fundo Francesco Martinelli: cosa ci riserva questa volta il viaggio nella storia del jazz firmato Pisa Jazz?
La collaborazione con Francesco Martinelli che va avanti ormai da molti anni per i nostri eventi divulgativi, quest’anno porterà a tre incontri monografici su tre grandi protagonisti del ‘900; Charles Mingus (3 luglio), Louis Armstrong (6 luglio) e Bill Evans (17 luglio). Questi eventi si svolgeranno al Giardino La Nunziatina; saranno delle lezioni-concerto molto informali in cui Martinelli ci accompagnerà alla scoperta di storie e aneddoti meno conosciuti dei tre musicisti. La parte musicale sarà affidata a Silvia Bolognesi ed Emanuele Parrini per Mingus, con la partecipazione speciale del fumettista Squaz che ha curato i disegni della biografia a fumetti di Mingus curata da Flavio Massarutto; per Armsotrong interverranno il trombettista Andrea Tofanelli e il pianista Andrea Garibaldi, mentre per Bill Evans avremo Alessandro Galati che ha approfondito la conoscenza e lo studio di questo grande interprete e compositore.
Gli ultimi due anni sono stati intensi e pur in uno scenario difficili, il festival è cresciuto molto: per Francesco Mariotti, in questo periodo, cosa è diventato una certezza e cosa ha lasciato andare?
È una domanda personale, ti rispondo in modo personale. Sto cercando di tenere insieme tutti i pezzi di un puzzle molto complesso. Il festival è un pezzo importante, che è cresciuto; il club, che è un lavoro importante di presidio e radicamento sul territorio, invece ha sofferto molto. Seguirlo e farlo funzionare è un lavoro totalizzante. Poi ci sono gli altri progetti per cui sto curando la direzione artistica, tra cui Il Jazz Italiano per le Terre del Sisma di questa edizione, l’Internet Festival ormai da dieci edizioni, un progetto FUS appena vinto con che coinvolge la Fonterossa Open Orchestra, altri progetti di cui stiamo aspettando gli esiti. E poi l’impegno istituzionale e associativo, dentro I-Jazz e dentro Europe Jazz Network.
Insomma, sono stati due anni in cui mi sono concentrato nello scrivere progetti e bandi, nel seminare. Adesso sto raccogliendo più di quello che mi aspettassi, soprattutto in termini di impegno. Fortunatamente lavoro con uno staff fantastico, ragazze e ragazzi giovani e molto competenti; non riesco neanche a immaginare il prossimo futuro senza di loro.
Nel suo viaggio “attraverso lo specchio”, a che punto è Il jazz italiano?
Il jazz italiano a livello musicale e artistico gode di ottima salute al di là dello specchio, ma come sistema dovrebbe ogni tanto fare il percorso inverso: tornare indietro, riattraversare lo specchio e dare uno sguardo al mondo reale. L’impressione è che a volte certe istanze siano scollegate dalla realtà, da parte di molti attori del sistema, non sto parlando solo di musicisti.
Come funziona il mondo del lavoro? E quello del finanziamento pubblico e privato? Che diritti hanno i musicisti e quali doveri? E gli organizzatori? Qual è il lavoro di filiera che sta dietro all’incontro tra un musicista e il proprio pubblico? Credo che in questo senso il lavoro di I-Jazz e della Federazione del Jazz Italiano abbia contribuito non poco. Piedi ben piantati a terra e lo sguardo rivolto al cielo, questo mi auguro per lo sviluppo del sistema jazz italiano.
Link al programma Pisa Jazz 2022
Scheda socio I-Jazz Ex Wide
Pisa Jazz Staff foto di Sanzio Fusconi