Pubblicato il 23/01/2023
E’ bastata una “In” per trasformare un cartellone di manifestazioni musicali dislocate fra montagne e valli del Trentino, in un grande festival diffuso che oggi, dopo dieci anni, si snoda sull’intero territorio provinciale di Trento per un arco di tempo di quasi 12 mesi. All’inizio il cambiamento è sembrato una scelta obbligata, ma presto si è dimostrato la decisione giusta per valorizzare la vocazione jazz e il patrimonio di risorse, umane ed economiche, di un territorio che ha reso TrentinoInJazz una realtà in grado di operare con successo tra centralizzazione e decentramento, senza perdere di vista la voglia di percorrere nuove strade.
E a portare in porto (letteralmente) il progetto TrentinoInJazz non poteva che esserci Emilio Galante, direttore artistico dalle mille vite musicali, con una spiccata tendenza a esplorare i luoghi della creatività, navigando con stile decisamente originale fra musica scritta e improvvisata. Ecco il suo racconto sul lavoro fatto finora, sulle nuove idee in campo (alcune persino ‘esplosive’), e su un paio di obiettivi in materia di jazz che hanno a che fare con il “progettare insieme” e “guardare oltre il mare”.
Partiamo dall’inizio: fino al 2011 cinque festival in rete e oggi “un festival lungo un anno, fra le montagne e le valli del Trentino”. Come ci siete riusciti?
La nascita della nostra associazione di secondo livello TrentinoJazz, una vera e propria rete di associazioni, è nata un po’ obtorto collo. Dieci anni fa la Provincia Autonoma di Trento ci disse chiaramente che l’unica soluzione perché i nostri progetti continuassero a essere sostenuti era quella di associarsi e diventare un riferimento unico. Ma quello che all’inizio fu un obbligo è poi diventato un vantaggio. Il numero di concerti è aumentato (circa 90 l’anno scorso) e da un cartellone di rassegne estive nei luoghi turistici siamo diventati un vero festival con un’offerta durante tutto l’arco dell’anno dedicata al jazz.
Avete scelto di declinare in vari modi il linguaggio del jazz: ci guidi alla scoperta dei festival del circuito TrentinoInJazz?
I festival estivi hanno mantenuto più o meno le loro caratteristiche, cercando di essere specchio della scena musicale italiana, presentando novità e tradizione. Nel rinnovamento dell’offerta ha avuto ruolo importante la nostra adesione a I-Jazz che ci ha consentito di allargare lo sguardo sui migliori under 35 della scena nazionale e ci ha aiutato, attraverso il progetto in rete Jazz&Wine, a rivitalizzare la nostra rassegna Suono di Vino che da alcuni anni offriva incontri fra degustazione e jazz.
In autunno, nei centri cittadini di Trento e Rovereto, la rassegna di Sonata Islands mette in gioco formule più sperimentali, declinazioni diverse di Third, Fourth e forse Fifth Stream, vie di mezzo fra jazz, musica classica, avant rock, rimusicazione di film muti, teatro musicale. Ogni anno si cerca di cambiare il tema e percorrere una via diversa.
Poi c’è la rassegna di JazzClub: la formula è quella di aiutare i locali interessati a questa programmazione, con consulenza artistica e con un aiuto economico che consenta loro di non demordere.
Un percorso comune che al suo interno lascia spazio all’autonomia territoriale (argomento decisamente ‘di moda’): quali sono le sfide più complicate che avete affrontato in questo campo?
Abbiamo cercato un modello in equilibrio fra centralizzazione e decentramento, ambizioso per il tentativo di allargarsi, divenendo più importante e forte, senza perdere le risorse sul territorio. L’autonomia territoriale è sopravvissuta soprattutto grazie alla forte risorsa del volontariato, che consente di contenere i costi e di coinvolgere molti soggetti. Non c’è una programmazione centralizzata che decida il percorso artistico e organizzativo di tutta la rete: ognuno degli originari cinque festival conserva una larga autonomia artistica ma tutte le entrate e le uscite passano da TrentinoJazz.
Inoltre, sul piano artistico negli anni abbiamo sempre sviluppato linee comuni di azione e abbiamo prodotto insieme spettacoli che hanno circuitato fra i nostri festival, per esempio l’oratorio Doublesex e il progetto Like Sonny coprodotto con Piemonte Jazz.
Il pubblico è sicuramente un protagonista fondamentale di TrentinoInJazz: ci racconti come e se cambiano gli spettatori tra le rassegne estive e quelle invernali?
Come naturale le rassegne estive hanno un pubblico perlopiù turistico quelle autunnali e primaverili un pubblico di residenti. Da notare l’evidente aumento di interesse per le rassegne cittadine nell’ultimo anno. Quasi che la fine della Pandemia abbia eccitato i più riottosi fan di Netflix ad abbandonare gli abusati divani, coprirsi per bene e uscire a sentire un po’ di musica dal vivo.
Ci anticipi qualcosa del programma 2023 di TrentinoInJazz?
Avremo alcuni ospiti internazionali, come Bobby Watson per Dolomiti Ski Jazz in marzo e Yumi Ito in luglio, in Val di Non. Importante il progetto di coproduzione con un’altra associazione di I-Jazz, la siciliana Musikante, dedicato ai Canti di montagna jazz, dalle Dolomiti all’Etna.
Se dovessi scegliere i due obiettivi prioritari per il jazz italiano oggi?
Mi accontento di un obiettivo! Quello di progettare e non accontentarsi di riproporre. I musicisti jazz italiani, rispetto a tanti colleghi oltralpe, nel passato non si sono adoperati spesso a costruire nuove esperienze insieme. La musica da camera classica dovrebbe essere un esempio. Un quartetto d’archi prova instancabilmente prima di presentarsi in pubblico. La padronanza del linguaggio improvvisativo dà l’ingannevole consapevolezza di poter esaurire la creatività nell’estemporaneità performativa e rischia di esaurirsi nella riproposizione di cliché. Le nuove generazioni mi sembra abbiano maturato una nuova sensibilità a questo proposito e spesso proprio per questo le loro offerte musicali sono di grande interesse.
Come musicista hai sempre fatto ‘danzare’ musica classica e jazz: tutto è iniziato quando…?
Direi una trentina di anni fa: la mia formazione è accademica – le mie esperienze nella musica di avanguardia (ho suonato per anni nel Musica Insieme di Cremona) erano arrivate al limite di sopportazione e la pratica della musica classica mi sembrava riservasse all’interprete un ruolo secondario, di puro esecutore.
Con il mio primo cd in solo Linea d’ombra (1992) ho cominciato a percorrere i luoghi della creatività, dell’elettronica, dell’improvvisazione. Nel 1998 ho fondato il mio ensemble Sonata Islands incidendo un disco per la BMG-Ricordi, Sciare di Fuoco, poi un festival a Milano e Trento, sempre in mezzo, fra musica scritta e improvvisata, seguendo le mie inclinazioni naturali.
E per concludere con un pizzico di fantasia visionaria.. che ne pensi dell’idea del circuito TrentinoInJazz come una costellazione di pianeti?
Se devo dire il vero mi piace di più la metafora dell’arcipelago, le isole della Sonata. In ogni isola si parla un linguaggio diverso e TrentinoJazz è il traghettatore che continua a portare visitatori e musicisti da un’isola all’altra, consentendo a tutti un visione diversa, quella di un mondo musicale vasto e imprevedibile.
In certo modo, su scala nazionale, è lo stesso compito che si è assunto I-Jazz: essere un ponte fra le associazioni, un facilitatore di nuove relazioni. Forse è proprio questo l’altro obiettivo del jazz italiano oggi: mettere in rete, stimolare le coproduzioni, far sì che le isole non siano chiuse nei loro piccoli mondi ma guardino oltre, oltre il mare.
Scheda socio I-Jazz TrentinoJazz