Pubblicato il 09/03/2022
Ci sono ‘ritorni’ che hanno il sapore della vittoria e, in fondo, di una ritrovata consapevolezza. Quella che accompagna chi sa di aver fatto la cosa giusta al momento giusto, in frangenti che avrebbero messo a dura prova anche i più eroici degli eroi. Se c’è una realtà simbolo della resilienza alla tempesta Covid nella grande famiglia I-Jazz, è sicuramente Bergamo Jazz, il festival della Fondazione Teatro Donizetti, pronto a riprendere la navigazione tra pochi giorni, nella consueta cornice del mese di marzo.
E al timone, ancora una volta, Maria Pia de Vito, una direttrice artistica che è riuscita a costruire un’edizione all’insegna della sincerità e del rischio, senza dimenticare che il jazz è soprattutto dialogo. L’abbiamo incontrata per saperne di più.
La prima domanda è per Maria Pia De Vito artista: come hai vissuto questi due anni così complicati per il settore della musica dal vivo?
Con grande fatica, come tutti. Con momenti di grande entusiasmo per le riprese estive, per i concerti, le presentazioni di dischi, la ripresa delle cose che ci motivano nella nostra particolare esistenza di artisti. E grande sconcerto per il secondo lockdown, l’insegnamento in DAD, la progettazione di festival che forse non sarebbero mai andati in scena. Un’esperienza che ha messo alla prova tutti noi. Le difficoltà economiche di tanti, la preoccupazione per i miei studenti. Mantenere motivazione, disciplina, creatività, non è stato semplice, e non mi è riuscito sempre. Ma siamo qui ancora a cercare di agire per il meglio, perché il respiro della musica, la creatività dei giovani musicisti sono un vento rinfrescante che mi fa uscire dalle cupezze in un battito di ciglia. Davvero la migliore medicina per me
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Dal 17 al 20 marzo ritorna Bergamo Jazz con un’edizione dedicata a varie facce dell’improvvisazione: una scelta in cui sembra risuonare un inno alla libertà ‘ritrovata’. Ce la racconti?
Il jazz è una musica che continua a elaborare percorsi nati da sincretismi e meticciati: è per me l’epitome della libertà espressiva. Ci sono le giovani generazioni di musicisti, caratterizzati da maestria strumentale formidabile, praticanti di una cifra di ibridazione musicale oramai consistente e credibile, che tante sorprese ci sta dando. E poi ci sono i grandi maestri che si incontrano, offrendo, nella piena maturità della propria esperienza, esempi stellari di lirismo, o di potenza espressiva, di unicità di suono e articolazione del proprio mondo compositivo, in incessante dialogo con i propri pari.
Ho cercato di mostrare tutto questo in un programma che vede musicisti provenienti da aree geografiche lontane, ma che possiamo accostare sotto l’ombrello della definizione “musica di improvvisazione”, vero esperanto che raccoglie ricerche ed espressioni autentiche di musicisti con matrici culturali diverse, radici vive e pronte agli innesti, alla trasformazione attraverso l’incontro con l’altro.
Entriamo nei dettagli del programma e partiamo dai talenti più giovani: su chi avete deciso di ‘puntare’?
A parte la sezione Scintille di Jazz, curata da Tino Tracanna, che non sbaglia mai un colpo (in questi anni mi ha fatto scoprire o approfondire l’interesse per giovani musicisti, come Francesca Remigi, Anais Drago, Federico Calcagno e tanti altri, che ora sono esplosi e vengono riconosciuti dalla critica), mi è piaciuto invitare due giovani donne in performance in solo.
La prima è Tania Giannouli, pianista greca, con il suo pianismo profondamente improvvisato, ai confini tra classica, influenze folkloriche e rapporto profondo con la ‘materia’ del suono e del silenzio; la seconda è la chitarrista Ava Mendoza, un personaggio davvero forte e singolare, che si rifà a un mix di jazz, punk, e blues, capace di lirismo ma anche di grande graffio. C’è poi il giovane Michael Mayo, cantante che vanta tra i suoi mentori Hancock e Shorter, e che si sta affermando sempre di più in ambito internazionale, con una sua personale miscela di jazz, soul, hip hop.
VI confesso che avrei voluto molte più presenze femminili a Bergamo Jazz 2022, ma le stelle non ci sono state favorevoli. Mi rifarò nella prossima edizione, e lo dico tenendo le dita incrociate!
Tra i grandi maestri tanti artisti italiani, ma anche presenze internazionali di rilievo: concerti assolutamente da non perdere?
Per me sono tutti da non perdere! In ogni caso segnalo il concerto di Enrico Rava e Fred Hersch, un incontro “made in heaven“, come dicono gli anglofoni. I due maestri e poeti si sono incontrati e hanno appena registrato in duo. A Bergamo saranno affiancati, eccezionalmente, da Drew Gress al contrabbasso e dal favoloso Joey Baron alla batteria. Ritmica da sogno. Non vedo l’ora di ascoltarli.
Ma da non perdere sono anche il trio di Jakob Bro, il nuovo gruppo di Regis Huby con Michele Rabbia, tra gli altri, poeta dell’elettronica. E come non menzionare il piano solo di Brad Meldhau, il gruppo Fairground di Jeff Ballard, o il grande pianismo di Gonzalo Rubalcaba, in un omaggio alle sue radici con Aymée Nuviola?
Sono assolutamente felice inoltre della presenza del quartetto di Roberto Gatto, che fa un bel ritorno a Bergamo, ma anche di Giornale di Bordo di Antonello Salis, Paolo Angeli, Gavino Murgia e Hamid Drake Drake, che adoro. Il duo Mitelli-Mazurek, che stiamo provando a riproporre da tre anni: speriamo che questa sia la volta buona! E poi il Trio Correnteza, con Gabriele Mirabassi, Roberti Taufic e Cristina Renzetti, che insieme ci parlano di un Jobim tutto particolare. Una carezza all’anima.
La città di Bergamo e il suo festival jazz in questi due anni hanno saldato ancora di più il loro legame: quali conferme/novità per l’edizione 2022?
Il rapporto con il jazz in città è sempre stimolante, e si stringe sempre di più utilizzando nuove sale, trovando nuovi piccoli teatri, locali di musica dal vivo, e continuando collaborazioni con gallerie d’arte e musei. Quest’anno il solo di Ava Mendoza si svolgerà all’Accademia Carrara, mentre quello della Giannouli in un nuovo spazio, il Teatro Sant’Andrea, in Città Alta.
Ci sarà anche una mostra fotografica, alla ex chiesa della Maddalena, Closed Session del grande fotografo americano Jimmy Katz, in un’esposizione che sviscera il rapporto tra i grandi musicisti di jazz e la città di New York, grande organismo pulsante. Ci saranno come sempre gli incontri curati dal CDpM e rivolti agli studenti delle scuole primarie e secondarie. Quest’anno ci sarà un focus su Gianluigi Trovesi e il suo originalissimo universo musicale. Trovesi sarà anche protagonista di un evento speciale alla Sorgente Nossana di Ponte Nossa, il 30 aprile, con cui Bergamo Jazz festeggerà l’International Jazz Day
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Le due parole chiave della Maria Pia De Vito direttrice artistica di Bergamo Jazz?
Riprendo le parole che ho inserito nella breve presentazione che ogni anno accompagna il libretto del festival: “Nella pratica del jazz, come diceva Monk, il Genio è colui che assomiglia di più a se stesso“. Il jazz, se è una esperienza genuina, ‘necessaria’, è sempre un’esperienza radicale, per chi lo suona e per chi lo ascolta. Volendo stringere a due parole: sincerità e rischio.
Stiamo vivendo giorni difficili per le notizie che arrivano dall’Ucraina. La musica jazz è da sempre sinonimo di integrazione e contaminazione creativa: quale messaggio vorresti inviare dal palco di Bergamo Jazz? Quale canzone dedicheresti a chi sta vivendo la tragedia della guerra in prima persona?
Sono giorni orribili. Stavamo appena tirando il fiato fuori dalla pandemia, e ora questo. Cosa dire dal palco di Bergamo? Che dobbiamo attingere profondità e pace dalla musica. La musica è un’arte universale, che trascende il tempo e le idee. E ci costringe, nell’ascolto, a stare in contatto con la nostra essenza. Il jazz, in particolare, è dialogo e inclusione creativa. Senza dialogo, senza arte, senza consapevolezza della nostra essenza, siamo finiti.
Non basterebbero mille canzoni, neanche la famosa We Shall Overcome, che per prima mi viene in mente. Nella speranza di una risoluzione di questo conflitto, dedicherei loro I Like the Sunrise di Duke Ellington:
I like the sunrise ‘cause it brings a new day
I like a new day it brings new hope they say
Link al programma di Bergamo Jazz 2022
Scheda socio I-Jazz Fondazione Teatro Donizetti