Pubblicato il 09/06/2020
L’estate si avvicina e così anche la ripartenza dello spettacolo dal vivo, fissata al 15 giugno. Ne abbiamo parlato con Adriano Pedini, direttore artistico di Fano Jazz by The Sea, fresco organizzatore, insieme alla I-Jazz di cui è membro e consigliere, del primo convegno nazionale sulla sostenibilità ambientale dei festival e delle rassegne di jazz, “Jazz Takes The Green”.
Jazz Takes The Green è un primo importante punto di partenza per riconsiderare la produzione dei festival e delle rassegne di jazz in una ottica diversa: cosa ti aspetti dopo questo primo convegno?
“Ho lavorato molto a questo convegno, dalla ricerca di partner qualificati in grado non solo di fare un’analisi approfondita e circostanziata del significato di Eventi Green, ma anche capaci di offrire soluzioni innovative, e di essere Tutor affidabile nel percorso che intendiamo intraprendere, all’ipotesi di costruire la prima rete culturale capace di trasformare eventi ad impatto ambientale in eventi Green.
Mi aspetto una condivisione e una partecipazione attiva di almeno una parte dei Festival e/o Rassegne dei soci di I- Jazz, condizione indispensabile per la creazione di quel soggetto aggregatore che dia vita ad una rete virtuosa.
Strategico penso sia stato aver individuato e affidato il convegno a Silvano Falocco, direttore della Fondazione Ecosistemi, che è l’osservatorio privilegiato su tutto ciò che si muove nel mondo della sostenibilità ambientale. Con la sua rete relazionale, sono convinto che Falocco sarà, oltre che di stimolo, di grande aiuto quando dovremo entrare nella parte operativa e cioè nella messa in pratica degli ormai famosi CAM (Criteri Ambientali Minimi) che sono la condizione per definire un Evento Green. Una volta strutturata una rete virtuosa, si potrà lavorare con la stessa Fondazione Ecosistemi per il reperimento presso il Ministero (MIBACT) di risorse per l’innovazione finalizzate alla riconversione, ed in alcuni casi al potenziamento dei nostri Festival in eventi Green.
Mi aspetto, in definitiva, che si metta in moto un nuovo processo che veda la nostra associazione prendere una posizione in questa che possiamo definire di responsabilità sociale e si ponga all’avanguardia anche in questo settore dove la cultura musicale unita alla cultura green possa essere un veicolo per una nuova coscienza ambientale”.
Con Fano Jazz By The Sea siete sempre stati promotori di un festival “green”: cosa è cambiato, secondo te, negli ultimi anni in tal senso?
“Non è difficile constatare che negli ultimi anni, quello ambientale è diventato un tema di grande attualità che presenta caratteri di massima urgenza, che investe tutte le attività umane; e soprattutto mi sembra che i giovani da ogni parte del globo stiano chiedendo a tutti e a gran voce di prendere una chiara posizione per un futuro migliore. Essere Green non è più una velleità, se mai lo fosse stato, ma una necessità, ed è un dovere di ciascuno di noi fare qualcosa per “invertire la rotta”.
La musica jazz dal vivo nelle Marche tornerà protagonista per l’estate 2020?
“Certamente sì, le Marche per la loro storia sono sempre state un luogo di cultura, basti pensare che esistono ben 113 teatri storici piccoli e grandi diffusi nelle città ma anche nei paesini più sperduti. Nelle Marche è nata una delle prime reti Jazz in Italia: Marche Jazz Network che comprende Fano Jazz Network, Ancona Jazz, Tam Tutta un’altra musica e Musicamdo: mi risulta che, anche quest’anno, i programmi che vedranno una miriade di concerti diffusi in tutto il territorio regionale siano ai nastri di partenza.
I marchigiani sono silenti, ma molto operosi: le Marche è una regione che a fatica compare – scambiata com’è di volta in volta per Umbria, Romagna, Abruzzo, Toscana, pochissimo citata anche nei bollettini metereologici (fateci caso) – ma che è invece molto viva e con un carattere molto forte. Come scriveva Guido Piovene nel suo viaggio in Italia “Se si volesse stabilire qual è il paesaggio italiano più tipico, bisognerebbe indicare le Marche”. Qui è nato un pezzo importante del Rinascimento, basti pensare a Raffaello, alla città Ideale di Urbino patrimonio Unesco. E in ambito musicale, come non citare il genio di Rossini? Scusa per questa digressione campanilistica, ma doverosa, che deriva da un buffo episodio che mi è capitato tempo fa al Festival. Ebbene, era ospite un giornalista americano che scriveva per la prestigiosa rivista Down Beat: nel recensire il Festival (una buona recensione) terminava il suo articolo indicando Fano in provincia di Rimini, che è appunto in Romagna”.
Quali saranno le parole chiave di questa edizione post Covid19?
“Tante sono le parole usate per indicare questo tragico periodo della nostra storia contemporanea, e tutte descrivono bene la situazione nel suo evolversi, ma se dovessi scegliere, ce n’è una che onestamente non conoscevo, che non faceva parte del mio lessico ma che mi ha colpito perché, anche se con una piccola forzatura, mi riporta alla musica jazz come linguaggio che nasce da un evento traumatico come la deportazione di schiavi. La parola è Resilienza. Cito da Wikepidia: “In psicologia, la resilienza è un concetto che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità”. Come non pensare al Jazz e alla sua capacità di attraversare periodi storici anche traumatici, nutrendosi della complessità, per generare bellezza?