Pubblicato il 04/03/2021
Il conto alla rovescia è iniziato: il 27 marzo 2021 riapriranno teatri e cinema e per la musica dal vivo sembra arrivato il momento della ripartenza. Ma è tutto così chiaro? Tutto risolto? Abbiamo raggiunto quattro direttori artistici di festival soci di I-Jazz e raccolto le loro impressioni ‘a caldo’ per iniziare a tracciare il futuro prossimo del comparto musica.
Le nuove disposizioni per cinema e teatri rimettono in moto la macchina degli eventi dal vivo. In qualità di direttore artistico di un festival jazz come accogli la notizia? Quali le criticità che ti preoccupano e le opportunità su cui puntare?
Il primo socio I-Jazz che abbiamo raggiunto è Angelo Valori, direttore artistico di Pescara Jazz e vice presidente della nostra associazione: “Credo che l’apertura del prossimo 27 marzo abbia soprattutto un valore simbolico, ma non penso sia attuabile nell’immediato. La capienza massima di 200 persone rende molti spettacoli non praticabili. Ritengo che questa disposizione debba essere intesa come un primo segnale di disponibilità, ma la mia opinione è che lo spettacolo dal vivo non possa praticamente riprendere prima dell’estate.”
Sulla stessa lunghezza d’onda è Adriano Pedini, direttore artistico di Fano Jazz Network, “Dovremmo tutti esultare per questa notizia tanto attesa, ma francamente ho l’impressione che si tratti più di un annuncio per quietare gli animi di quelli che come noi da un anno stanno vivendo una situazione a dir poco drammatica. Non capisco come si possano riaprire i teatri e cinema quando, stando a quello che ci dicono gli esperti, siamo ancora in una situazione sanitaria critica. Si parla di terza ondata, varianti, e tra l’altro si tratterebbe di riaperture condizionate dal colore delle regioni: rosso, giallo, arancione? Una bella confusione…
In questa situazione cosi difficile – prosegue Pedini – i motivi per essere sconfortati sono tanti, basta far riferimento al dato che vede lo spettacolo dal vivo perdere, se non vado errato, più del 95% del fatturato. Non credo che gli stanziamenti a sostegno annunciati, seppur consistenti, possano da soli risolvere il problema che questa pandemia ha evidenziato, che è di carattere strutturale. Il settore dello spettacolo dal vivo risulta molto fragile, manca una regolamentazione in grado di offrire tutele al lavoro di tutta la filiera. Io sono fra quelli che credono che vada tutelata la salute di tutti, prima di ogni cosa, ma mi aspetto decisioni più realistiche sulla possibilità di tornare a operare e sulle regole da rispettare.
Se c’è un’opportunità – conclude il direttore artistico di Fano Jazz Network – credo debba riguardare l’inderogabile necessità di un riordino di tutto il comparto dello spettacolo dal vivo: dal rispetto della parità di genere, a una fiscalità più adeguata, alle tutele sindacali ecc… Auspico una legislazione di tipo europeo, che superata quest’emergenza ci veda in una posizione di operatività più efficiente, competitiva, rispetto al contesto contemporaneo. La speranza è che si apra fin da subito un tavolo di confronto fra tutte le componenti del nostro settore e il Ministero competente al fine di rimettere ordine, con la consapevolezza che fare musica, fare cultura è sì una bella cosa, ma si basa soprattutto sul lavoro e la professionalità degli operatori, che vanno tutelati tutti. Insisto, è il lavoro il punto di partenza e d’arrivo”.
Una visione d’insieme sul comparto musica che ritorna anche nelle parole di Giancarlo Velliscig, direttore artistico di Udin&Jazz: “Considerato che il nostro settore è stato dal primo giorno dell’emergenza sanitaria il più soggetto alle chiusure (con un breve spiraglio estivo dal quale peraltro siamo usciti, lavorando con serietà e professionalità, senza alcun tipo di effetto negativo sulla pandemia), mi sento di affermare che egual rispetto e osservanza delle regole la dovremmo pretendere da altri comparti socio economici. Settori che hanno invece determinato, con le loro pressioni in difesa di meri interessi corporativi, l’affermarsi di un concetto di ‘libertà lavorativa’ che, come vediamo ora, determina uno stato di perenne emergenza sanitaria e non consente il profilarsi di una soluzione a breve. Pretendere i ristori è legittimo e sacrosanto, ma non è ammissibile il ricatto che “fin che i ristori non ci sono io lavoro”. Io rivendico alla nostra categoria di operatori e organizzatori del mondo dello spettacolo, artistico e culturale, un alto senso civico, dimostrato nel rispetto delle regole imposte da chi ci governa, a livello nazionale e locale, anche se spesso le abbiamo ritenute ingiustificate.
Ora si prospetta una riapertura – prosegue Velliscig – che profila un futuro incerto, legato alle diverse situazioni regionali del contagio, con percentuali di capienza permessa e regole diversificate. Rimettere in moto un mondo come il nostro, con le sue complesse e variegate componenti, non sarà facile né rapido: la programmazione degli eventi, la progettazione e preparazione delle nuove produzioni culturali, i rapporti con artisti nazionali e internazionali e gli impedimenti negli spostamenti, oltre alla ri-acquisizione di un pubblico ottenuto in anni di lavoro, e ora pressato da inviti alla distanza sociale, sono tutti problemi che dovremo tentare di risolvere e superare. Tuttavia, c’è un presupposto fondamentale: la certezza di un futuro che a breve si lasci alle spalle la condizione di precarietà sanitaria! Un risultato che si otterrà solo con il rispetto e la fermezza che chi ci governa dovrà pretendere, e che tutta la nostra società dovrà dimostrare, imparando, sì mi sento di gridarlo forte, imparando dal nostro settore. Noi – conclude Velliscig – ora programmeremo alcuni concerti tra aprile e maggio in recupero di quelli annullati nel corso dell’inverno, per poi concentrarci sui festival estivi che speriamo di poter svolgere almeno al 50% delle capienze. Auguro comunque a tutti noi di trovare sempre e ancora la forza e la visionarietà necessarie a ripartire”.
Ma ripartire non sarà facile, come ci confessa Ugo Viola, direttore artistico di Moncalieri Jazz: “Dopo un anno di teatri chiusi, le nuove disposizioni potrebbero essere una bella notizia, ma ho molti dubbi. Con le riduzioni di posti a sedere di quasi il 70% sono convinto che molti teatri non apriranno, e non so quanti organizzatori di spettacoli di musica dal vivo saranno in grado di programmare i loro concerti. Una delle possibilità potrebbe essere quella di una copertura finanziaria quasi al 100%, perché il solo l’incasso non basterebbe. Nel teatro che abbiamo a disposizione a Moncalieri, per esempio, con una capienza di 392 posti, il sistema della riduzione di posti e delle distanze di almeno 1 metro tra gli spettatori, permetterebbe l’accesso soltanto a 102 persone; se poi si considera il fatto che bisogna togliere da questo numero i musicisti e il personale addetto, si arriva a un totale di circa 90 posti. I conti sono subito fatti: 90 persone, a circa 15 euro a biglietto, sono un incasso di 1350 euro. A fronte di un totale spese che deve includere: i cachet dei musicisti, l’affitto della sala, il service audio e luci, la Siae, il personale di sala, il personale sanitario, la santificazione della Sala, l’igienizzazione etc…. E con le dovute proporzioni, la stessa cosa vale per i teatri con capienze maggiori.
A questo punto – prosegue Viola – se si decide di aprire i luoghi dello spettacolo, credo sia fondamentale che gli enti pubblici si adoperino per trovare la modalità di aiutare finanziariamente gli organizzatori, anche perché molti sponsor privati vivono oggi forti crisi economiche, e altri sono del tutto scomparsi. In passato ricordo bandi che prevedevano la partecipazione solo a progetti in cui il bilancio fosse diviso in: 1/3 ente pubblico; 1/3 sponsor o fondazioni bancarie; 1/3 incasso da bigliettazione. Una ‘soluzione’ che allo stato attuale non sarebbe possibile”.
Quello che si profila è un orizzonte di luci e ombre, ancora da decifrare e a cui dare forma. L’impressione è che ci sia molto lavoro ancora da fare.